«C’ è un vantaggio assicurato da Draghi: è estraneo alle curve delle tifoserie, non è un partigiano tipico della contesa sulla giustizia. Perciò avrebbe più libertà d’azione e più forza anche nel confronto con la magistratura. E al momento, la sua autorevolezza e la sua distanza dalle guerriglie, anche quelle giudiziarie, rappresentano un valore aggiunto».

Michele Vietti è stato vicepresidente del Csm. Conosce dunque bene il valore di un imprimatur politico così forte per il presidente incaricato, come quello venuto dal Capo dello Stato, che è anche presidente del Csm. «Vedremo cosa succederà. Ma una cosa mi sentirei di escludere: il rischio di una paralisi sulla giustizia per il timore di avvantaggiare i 5 stelle. Qualora, come sembra, il Movimento 5 Stelle non facesse parte della maggioranza di un esecutivo Draghi, dubito che potrebbe esercitare chissà quale pressione dissuasiva, specie in questa materia, sulle forze di governo, che non dovrebbero temere di perdere consenso a favore dei pentastellati».

Cioè lei dice che chi si trovasse al governo, poniamo un amplissimo schieramento dal Pd alla Lega, non sarà preoccupato di andare contro il mood giustizialista sul quale i 5s soffierebbero più di prima?

Direi di no. È prematuro parlare di maggioranza e opposizione. Nessuno sa davvero quale sarà il perimetro del possibile governo Draghi. Ma se proprio vogliamo ragionare su un’ipotesi di cinquestelle fuori dalla maggioranza, be’, non credo che il Movimento potrà recriminare su una, auspicata, nuova politica della giustizia.

Non grideranno a cedimenti di ogni tipo su legalità e “rigorismo penale”?

Vorrei ricordare che il Movimento 5 Stelle ha avuto la titolarità di quel dicastero per due anni: non hanno concluso quasi nulla. Hanno avuto l’opportunità di dettare la politica giudiziaria e a me pare l’abbiano completamente sprecata. Si aggiunga che, secondo la ricostruzione più accreditata, Conte si è dimesso per evitare il voto su Bonafede, nel timore che in Senato non ci fosse una maggioranza disponibile a promuoverne l’operato. Al contrario avrebbe probabilmente prevalso un giudizio non lusinghiero. Un quadro simile toglie ai 5 stelle molti argomenti perché possano intraprendere un bombardamento critico sulla futura politica giudiziaria.

Ma se ci fosse una maggioranza dal Pd alla Lega come si farebbe sintesi sulla giustizia?

Siamo sempre a ragionare in astratto su un quadro tutto da comporre. Certo: si dovrà vedere anzitutto se il prossimo governo avrà un’idea di politica giudiziaria. Personalmente mi auguro finisca ai primi posti dell’agenda e che l’esecutivo abbia effettivamente la forza per metterla in atto. Devo dire che sul punto non sono pessimista.

Be’, se ci fosse uno scatto di reni sulla giustizia saremmo di fronte a una rivoluzione.

Detto molto chiaramente: sono fiducioso non tanto per le nostre risorse politiche endogene: è storicamente provato che sulla giustizia in Italia si chiacchiera molto ma quasi mai si conclude qualcosa. C’è Draghi, però. E Draghi è una figura di livello europeo, sa che l’Ue si aspetta, tra le riforme e i progetti da finanziare, anche quelli che riguardano la giustizia. Draghi sa bene, grazie alla sua storia, che se non funziona la giustizia un Paese non è competitivo, né attrattivo per gli investimenti. Conosce insomma perfettamente la stretta connessione fra sistema giudiziario e sistema economico.

Una diversità che per i partiti sarà persino traumatizzante, in effetti.

Draghi è estraneo alle tradizionali guerre sulla giustizia. Non è mai appartenuto né a una tifoseria né all’altra. Né alla curva pro magistrati né a quella ostile. Potrebbe metter mano, senza scontare pregiudizi negativi, alle due o tre cose essenziali da fare. Anche con l’urgenza che il momento impone.

A cosa si riferisce in particolare?

Gli scandali che hanno investito la magistratura, tanto per cominciare, hanno convinto tutti della necessità di intervenire, e con decisione, sul Csm e sulla sua legge elettorale, su carriere e uffici direttivi, sul disciplinare ma soprattutto sull’accorciamento dei tempi dei processi civili e penali. Aggiungo: Mario Draghi si muove in forte sintonia con il Capo dello Stato, che è anche presidente del Consiglio superiore e che non gli farebbe certo mancare il sostegno rispetto a un efficientamento del sistema giustizia.

Non a caso Mattarella è stato sferzante con il Csm dopo l’uragano Palamara.

Se verrà costituito un governo di alto profilo, è sensato aspettarsi che la giustizia venga affidata alle mani di una persona di particolare esperienza e competenza. Potremmo insomma passare dall’improvvisazione a interventi mirati, il che, non deve stupire, sarebbe una novità rispetto al recente passato.

La magistratura opporrà meno resistenze alle riforme?

Potrebbe trovarsi di fronte a un esecutivo autorevole e credibile, consapevole che l’Europa condiziona la concessione delle risorse alle riforme della giustizia. Diciamo che le riserve corporative dovrebbero essere meno forti. E poi credo che la magistratura dovrà occuparsi innanzitutto della rifondazione della propria credibilità. E anzi, confidare in un legislatore che la accompagni nel percorso.

Il Cnf propone di puntare sulla giustizia alternativa e complementare, per smaltire l’arretrato: cosa ne pensa?

Le soluzioni adottate per fronteggiare l’arretrato hanno funzionato poco e male. Il punto è evitare di accumularlo, l’arretrato. Rispetto alla proposta del Cnf, trovo efficace soprattutto il ricorso alla media conciliazione, alle Adr: si deve fare in modo che determinate tipologie di controversie non finiscano davanti a un giudice ma nel circuito della giustizia alternativa.

E le pendenze arretrate?

Devono smaltirle gli uffici che le hanno in carico, e non è un’impresa titanica. A Torino abbiamo avuto un presidente di Tribunale, Mario Barbuto, che ha semplicemente puntato sull’organizzazione ed è riuscito a proiettare l’ufficio ai primi posti nelle statistiche sulla celerità dei processi. Se lo si è fatto a Torino, credo che anche altrove si possa fare lo stesso. Basta rimboccarsi le maniche.

Può servire uno sdoppiamento fra la figura del presidente del Tribunale e un manager?

Il presidente del Tribunale non sta lì a occuparsi solo di come gestire la sicurezza o sostituire le lampadine: ha proprio la funzione di far lavorare al meglio i magistrati perché smaltiscano rapidamente il carico delle pendenze.

Al Paese serve una giustizia civile più efficace. Ma c’è da giurare che si parlerà innanzitutto di prescrizione: come se ne esce?

Con una soluzione equilibrata. Laddove un giudizio arriva troppo tardi rispetto al reato devono esserci conseguenze. Ma neppure si può ammettere che, dopo aver esercitato l’azione penale, lo Stato lasci morire il processo come se niente fosse. L’importante è che una nuova eventuale maggioranza non si illuda di cavarsela con le solite etichette “prescrizione sì” e “prescrizione no”. Ma anche su questo è plausibile che con Draghi si possa finalmente entrare nel merito dei problemi e trovare il giusto equilibrio.