Gli avvocati avevano chiesto il rinvio dell’udienza per evitare il rischio contagio, ma il presidente della Corte d’Assise ha rigettato l’istanza, facendo intervenire un difensore d’ufficio per assistere gli imputati durante la testimonianza del teste principale del processo, un pentito. Un processo senza detenuti né termini in scadenza e, dunque, non urgente. È quanto accaduto a Catania, così come denunciato dall’avvocato Francesco Marchese, che lamenta la violazione delle linee guida del Tribunale, frutto di un accordo tra presidente del Palazzo di Giustizia e Ordine degli avvocati a seguito dei numerosi decessi causa Covid che hanno interessato il foro etneo. «Si trattava di un reato per il quale non sussisteva il pericolo di prescrizione, ovvero un omicidio premeditato del 1990 con imputati a piede libero - spiega Marchese al Dubbio -. Le linee guida del presidente del Tribunale di Catania consigliano di rinviare tutti i processi senza detenuti o termini in scadenza proprio per evitare assembramenti, rischi e contagi, anche perché nelle aule non c’è un livello di igiene sufficiente a garantire la sicurezza. Abbiamo fatto una richiesta ai sensi delle linee guida del presidente chiedendo il rinvio causa Covid. Nonostante ciò, il presidente ha risposto con un “visto, si conferma l’udienza”, senza motivare». Marchese ha così mandato per suo conto e per conto dei due colleghi impegnati nella difesa degli imputati - Emilio Laferrera e Francesco Silluzio - una pec, richiamando nuovamente le linee guida e sottolineando che a loro avviso si trattava di impedimento legittimo. Non dal punto di vista tecnico, così come previsto dal codice di procedura penale, ma in quanto il rischio, allo stato attuale, è reale. «Stamattina ( ieri, ndr) l’udienza si è comunque svolta, con la nomina di un difensore d’ufficio e l’escussione di un pentito, l’unico coinvolto nel processo nonché il teste più importante del procedimento. A rappresentare i nostri assistiti - aggiunge - c’era un difensore d’ufficio, che ha avuto 5 minuti per studiare le carte». Della loro assenza gli avvocati avevano informato non solo la presidenza della Corte, ma anche quelle del Coa, della Camera penale e del Tribunale. Ma secondo quanto riferito dal difensore d’ufficio, per il presidente della Corte «il protocollo esclude la propria applicazione per i processi in Corte di Assise». Circostanza, questa, smentita al Dubbio dal presidente del Coa Rosario Pizzino. «Il punto relativo al rinvio è esteso anche alla Corte d’Assise - conferma -. Il presidente del Tribunale invita a valutare favorevolmente le richieste di rinvio di avvocati che temono per la propria salute. Capisco che non è un obbligo, però in genere a Catania queste istanze sono state sempre accolte. Lunedì incontreremo di nuovo il presidente per chiarire questa situazione». Ma cosa dicono le linee guida? «Anche a richiesta di una sola delle parti che, preferibilmente entro sette giorni prima dell’udienza e, comunque, in epoca precedente alla pubblicazione del ruolo con indicazione dell’ora o della fascia oraria di trattazione, presenti istanza di rinvio anche genericamente motivata sulla situazione emergenziale causata dal covid e dal pericolo di contagio per le peculiari situazioni logistiche degli uffici giudiziari catanesi, il processo potrà essere rinviato ad altra udienza. I presidenti sono invitati a valutare favorevolmente dette richieste di rinvio, qualora non si tratti di processi con imputati soggetti a misura cautelare detentiva; in quest’ultima ipotesi valuteranno l’istanza in relazione alle peculiarità della situazione detentiva e processuale». In nessun punto viene introdotto un regime differenziato per la Corte d’Assise, che anzi viene nominata proprio poco prima di questo passaggio. «È una questione politica, non di diritto continua Marchese -. Troviamo profondamente ingiusto essere costretti a fare un processo di questo tipo e senza motivazione». L’aula in questione, racconta Marchese, è curiosamente la stessa dove, qualche settimana fa, una lastra di marmo staccatasi dalla parete ha ferito l’avvocata Giulia Bongiorno. «Ma il problema aggiunge Marchese - riguarda tutte le aule. Che motivo c’è di farci andare in tribunale per processi rinviabili quando molti avvocati, nostri amici, sono morti? A febbraio nascerà mio figlio, perché devo rischiare di contagiarlo? Non capisco questa fretta. Noi avvocati veniamo trattati come appestati e cacciati anche dalle cancellerie vuote, se non abbiamo appuntamento. Però, poi, ci costringono a fare i processi».