Senza battere ciglio, il governo italiano ha concesso l’estradizione richiesta dalle autorità russe nei confronti di una donna, madre di una bambina di sette anni, e questo nonostante che sia stata minacciata da un importante politico aderente al partito di Putin con queste testuali parole: «Utilizzeremo tutte le nostre risorse e le nostre partnership amichevoli sul territorio italiano!». Non solo. L’Italia – nonostante una importante patologia della donna - non ha chiesto nemmeno riassicurazioni sul luogo di detenzione dove verrà tradotta, sulle condizioni del sovraffollamento e sulle condizioni igieniche anche in relazione al Covid 19. Come se non bastasse, per il nostro governo, non è rilevante il fatto che ad effettuare le indagini e ad inquisire la donna, sia un procuratore russo che sarebbe stato truffato dalla agenzia di viaggi gestita dalla donna. Il condizionale è d’obbligo, visto che in seguito quasi tutti i clienti sono stati rimborsati. Anastasia Chekaeva sottoposta a procedimento penale per una presunta truffa Per questa vicenda lei rischia 10 anni di carcere. Ora la donna è stata tradotta nel carcere di Sassari, e da un momento all’altro arriveranno le autorità Russe per prelevarla e rinchiuderla, in via preventiva, in un luogo detentivo che potrebbe anche costarle la vita. Una storia davvero drammatica e seguita dall’avvocata Pina Di Credico Del foro di Reggio Emilia e dall’avvocato Fabio Varone del foro di Nuoro. Parliamo di Anastasia Chekaeva, cittadina della federazione Russa, sottoposta nel suo Paese a procedimento penale per presunti fatti di truffa perché - addetta a una agenzia di viaggi presso il centro commerciale “Galleria Chizhov” nella città di Voronezh -, si sarebbe appropriata di somme pagate dai clienti per l’acquisto di viaggi organizzati poi non forniti. Parliamo di un importo complessivo inferiore a 20.000 euro. In seguito rimborserà quasi tutti. Tranne chi? Il procuratore russo che ha deciso di inquisire lei e il marito di cittadinanza italiana, titolare dell’agenzia.Ma si aggiunge un altro problema. Contro di lei si sono accaniti due uomini del partito di Putin Il legale rappresentate della “Galleria Chizhov” è Klimentov Andry Vladimirovich, vice Presidente della Commissione per il Lavoro e la Protezione Sociale della popolazione. Ma il pezzo grosso è il fondatore della Galleria: Chizhov Sergey Viktorovich, dal 2007 deputato della Duma di Stato della Russia. Entrambi sono noti e discussi esponenti politici del partito “Russia Unita”, il cui leader è Vladimir Putin. Sono loro che si sono ferocemente accaniti per vendicarsi della “cattiva pubblicità” causata dal processo contro l’agenzia che ospitano nella loro galleria. Una rabbia dovuta anche alle relative strumentalizzazioni politiche da parte degli oppositori. Non a caso, Klimentov, ha scritto un messaggio nei confronti dell’italiano F. Crespi, titolare dell’agenzia di viaggi e marito della Chekaeva, con parole di questo tenore: «Le conseguenze saranno molto brutte!».Com’è detto, i clienti dell’agenzia di viaggio sono stati quasi tutti risarciti. Tra quelli che ancora dovevano essere rimborsati c’è il procuratore nel distretto di Leninsky presso la città di Voronezh, e si tratta della stessa Procura che ha aperto il procedimento e svolto le indagini. Sulla base di tali accuse, l’Autorità giudiziaria russa ha avviato un procedimento penale nei confronti della Chekaeva, ma - come risulta dagli atti del processo - l’ha tenuta sempre all’oscuro, al fine di precostituirsi il titolo per poter emettere a suo carico un provvedimento di carcerazione preventiva e domandare la successiva estradizione all’Italia. Il marito è italiano e per lui l’estradizione non poteva essere chiesta. Ecco perché il procuratore ha preferito accusare solo la donna, tra l’altro semplice dipendente dell’agenzia. «A dimostrazione che la Chekaeva non si sia allontanata dal territorio della Federazione russa per sottrarsi al procedimento – spiegano a Il Dubbio gli avvocati Pina Di Credico e Fabio Varone -, è provato dal fatto che è da tempo titolare di carta d’identità italiana e di regolare permesso di soggiorno, vive stabilmente in territorio italiano con la figlia minore, cittadina italiana di sette anni, entrambe domiciliate in Italia dal 4 gennaio 2018 e residenti in un piccolo comune in provincia di Sassari». In Italia rigettati i ricorsi e le istanze della difesa L’autorità giudiziaria italiana, sia nella fase giurisdizionale (Corte d’appello e Corte di Cassazione) che precede la decisione di consegna del ministro, sia nella fase amministrativa (Tar e Consiglio di Stato) successiva alla decisione, ha rigettato i ricorsi e le istanze della difesa (comunicati al ministero), nonostante la insussistenza oggettiva delle condizioni legittimanti l’estradizione. «È stato violato – denunciano gli avvocati della Chekaeva - sia il diritto al giusto processo, sancito dall’articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, ratificata dall’Italia e dalla Russia, sia il diritto a non subire trattamenti crudeli, disumani o degradanti, stabilito dall’articolo 3 della stessa Convenzione, tenuto conto della situazione di sovraffollamento e delle gravissime condizioni igienico-sanitarie della popolazione carceraria della Federazione Russa, in particolare dei centri di detenzione preventiva (Sizos), come risulta dalla copiosa documentazione prodotta nei vari giudizi». Una situazione ulteriormente aggravata dalla emergenza sanitaria dovuta alla diffusione dei contagi da Covid-19 proprio nelle carceri russe, circostanza anch’essa documentata anche in relazione alle particolari condizioni di salute della Chekaeva.I legali, inoltre, sottolineano che risulta anche violato il diritto della figlia minore, cittadina italiana, a conservare il rapporto con la madre, in violazione della Convezione europea sull’esercizio dei diritti dei minori (ratificata dall’Italia e non ancora dalla Federazione Russa, nonostante la sua sottoscrizione), considerato che la vita della bambina è radicata in Italia, ove risiede da tre anni, né potrebbe trasferirsi in territorio russo, dove ovviamente la Chekaeva non potrebbe assisterla. Inoltre, il 28 ottobre 2020, è stata inoltrata al ministero sia una istanza di riesame della decisione di consegna per la violazione dell’art. 14 della Convenzione europea di estradizione – ratificata dall’Italia e dalla Federazione Russa – poiché l’Autorità giudiziaria russa, nell’ambito dello stesso procedimento penale per il quale aveva richiesto l’estradizione, ha posto sotto processo la Chekaeva per reati di truffa diversi rispetto a quelli oggetto della domanda estradizionale. «Su tale istanza di riesame il ministero – denunciano sempre gli avvocati Di Credico e Fabio Varone - non ha mai comunicato alcuna decisione». Ieri la Corte d’appello di Sassari ha sottoposto la Chekaeva alla custodia cautelare in carcere Nonostante ciò, il governo ha dato corso all’esecuzione della estradizione, poiché la Corte d’appello di Sassari, in data 22 gennaio 2021, su sollecitazione del governo stesso, ha sottoposto la Chekaeva alla misura della custodia cautelare in carcere al fine della sua consegna alla Federazione Russa e alle autorità di Putin. «Il tutto – denunciano con forza i legali della donna - sta avvenendo in piena pandemia mondiale per la diffusione del virus Covid-19 che avrebbe dovuto indurre il nostro ministero quantomeno a sospendere la consegna in attesa del miglioramento delle condizioni sanitarie». Ma da un momento all’altro potrebbero arrivare le autorità russe per portarla in un Paese dove lo stato di diritto è quasi del tutto inesistente. Nel frattempo gli avvocati Pina Di Credico e Fabio Varone faranno ricorso alla Cedu. Ma non c’è tempo, il nostro governo dovrebbe come minimo sospendere l’estradizione. Inoltre c’è una bambina che potrebbe rimanere da sola. Il padre è costretto a lavorare in Svizzera per poter sfamare la famiglia. La madre invece, rischia di essere rinchiusa per 10 anni. Il tutto per dei biglietti di viaggio, tra l’altro quasi tutti imborsati.