Con lEuropa già alle prese con la «seconda ondata» della pandemia di Covid-19, il mondo è entrato nellautunno 2020 in una situazione preoccupante per richiedenti asilo e rifugiati in cerca di un Paese sicuro. A fine settembre, riporta il Rapporto Migrantes sul diritto dasilo presentato oggi, «solo 24 Paesi risultano senza restrizioni allingresso correlate al Covid-19. In 77 Paesi si applicano restrizioni allaccesso, sia pure con eccezioni per i richiedenti asilo: nellelenco si trovano quasi tutti gli Stati europei, compresa lItalia. In 72 Paesi laccesso è invece negato: in questarea gli Stati Uniti, lAmerica Latina e la Russia. Su 22 Paesi, infine, non si hanno informazioni. Alla fine di maggio 2020 i Paesi con restrizioni allaccesso senza eccezioni per i richiedenti asilo sono arrivati a 100». La pandemia ha messo a dura prova persino i sistemi sanitari dei Paesi più avanzati. Ma fra i Paesi che ospitano più rifugiati e/o sfollati e/o venezuelani dispersi allestero, sono soltanto due quelli che, già in una situazione «normale», dispongono di posti letto ospedalieri sopra lo «standard umanitario» di 18 posti ogni 10.000 abitanti: la Germania (80 posti letto) e la Turchia (28,5). Tutti gli altri, Colombia, Pakistan, Uganda, Siria, RDC (Repubblica Democratica del Congo), Yemen e Somalia si trovano al di sotto. E anche nel «gigante» Nigeria (con 2.200.000 sfollati nei suoi confini) i posti letto ogni 10.000 abitanti sono appena 5. In Yemen, circa 30 milioni di abitanti, quarto Paese al mondo per sfollati interni (oltre 3.600.000 a fine 2019) ma anche con una popolazione straniera rifugiata di 269.000 persone nei suoi confini (più dellItalia), la guerra civile e regionale che negli ultimi cinque anni ha messo in ginocchio il Paese ha decimato i servizi sanitari. Fra le conseguenze, la stima di un milione di casi di persone colpite dal Covid-19 (contro i 2.000 ufficiali) a metà settembre 2020, con un tasso di mortalità elevatissimo, pari al 30%. Sono solo 11.893 i rifugiati in condizione di vulnerabilità che fra gennaio e agosto 2020, a cavallo della «prima ondata» della pandemia, sono potuti partire in reinsediamento (resettlement) da precari Paesi di primo asilo. Nello stesso periodo del 2019 erano stati 44.527, quasi quattro volte tanti (dati riferiti ai programmi Unhcr). «Non vogliamo vedere sempre più lUnione europea e lItalia come una sorta di fortezza che si deve proteggere da chi è stato più sfortunato ed è nato in un Paese diverso, ma  vogliamo che questo continente e questo Paese siano abitati da persone che testimonino concretamente, con politiche e pratiche, i valori fondamentali». Lo ha ammonito mons. Guerino Di Tora, presidente della Fondazione Migrantes, nel corso della presentazione on line del report 2020 sul diritto dasilo. «In questi mesi in cui tutti abbiamo dovuto rinunciare a persone care, spostamenti ed abitudini consolidate - ha osservato - stiamo anche avendo la possibilità preziosa di recuperare quel senso di precarietà e vulnerabilità che ci potrebbe rendere più facile capire cosa vuol dire perdere il proprio mondo dalloggi al domani, perdere la capacità di fare piani e non essere più certi di quasi nulla». Di Tora si è detto «rattristato» «dellindifferenza che sembriamo dimostrare nei confronti di chi è in difficoltà a causa delle norme e leggi che i nostri Paesi portano avanti. Mi piace sperare che forti della nuova empatia ed umanità guadagnata  durante questa pandemia sapremo essere, più e meglio di prima, persone capaci di aiutare chi è in fuga». Quindi lappello a «rimuovere alcune delle arbitrarie ed ingiuste barriere che abbiamo posto: bisogna dare a chi è in fuga canali legali di ingresso: stanno già rischiando la vita, non la devono rischiare una seconda volta per riuscire a mettersi in salvo. Dobbiamo ripartire da un nuovo spirito e da una nuova mentalità».