«Ti rendi conto. Abbiamo fatto la storia per Marianna e per tutte le altre donne. È la prima volta che succede: lo Stato ammette le sue responsabilità per un femminicidio. L’annuncio del presidente Conte, mercoledì in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne ci ha reso tutti molto felici. Ora attendiamo i fatti». Carmelo Calì, il cugino di Marianna Manduca, la donna uccisa dall’ex marito nell’ottobre 2007 a Palagonia (Catania) dopo dodici denunce rimaste inascoltate, risponde al telefono e la sua voce trasmette tutta la sua soddisfazione. Lui e sua moglie, Paola Giulianelli, con i loro due figli, hanno accolto nel 2007 i tre figli di Marianna e da allora vivono a Senigallia tutti insieme. Ai tre ragazzi di Marianna era stato riconosciuto un risarcimento di 259mila euro, con il quale la famiglia Calì ha aperto un bed&breakfast. La storia di Marianna e dei suoi figli è stata raccontata da Andrea Porporati nel film “I nostri figli”,  Manduca con Giorgio Pasotti e Vanessa Incontrada, trasmesso da Rai1 il 6 dicembre 2018. «L’obbligo dello Stato di tutelare l’incolumità dei cittadini è affermata come priorità, per esempio dalla Corte europea dei Diritti umani, tanto più in presenza di una evidente vulnerabilità», ha scritto Luigi Manconi su Repubblica qualche mese fa e lo Stato ora si è fatto sentire.

Come avete avuto la notizia?

Mi ha chiamato in lacrime una giornalista dell’agenzia Lapresse, che avevo sentito qualche volta in questi anni e con la quale si è creato un ottimo rapporto. Mi ha detto di collegarmi alla pagina Facebook del presidente Conte. Non credevo alle mie orecchie quando ho sentito: “Dico a Carmelo, Stefano e Salvatore che, certo non riavranno più la loro mamma, ma lo Stato finalmente può sottoscrivere un accordo transattivo, che riconoscerà a loro non solo di poter conservare la somma percepita, come danno patrimoniale, ma anche una cospicua somma a tutti e tre loro a titolo di danno non patrimoniale. Lo Stato deve avere il coraggio di riconoscere i propri errori e di trarre le conseguenze, assumendosene tutta la responsabilità. Nessuna donna vittima di violenza deve più sentirsi sola”.

E i ragazzi come stanno?

Bene, hanno reagito in maniera tranquilla a questa notizia. Per me è stato un bel segnale, perché dimostra quanta fiducia abbiano avuto e hanno in me e nelle cose che stiamo facendo. Ormai sono grandi, hanno 19, 18 e 16 anni e quindi hanno un approccio maturo alla vicenda.

Dopo tanti anni lo Stato ha dato un segnale forte.

Sì. E nel migliore dei modi. Noi non abbiamo mai perso la speranza che questa storia dovesse finire bene. Siamo stati seguiti dagli avvocati Alfredo Galasso e Licia d’Amico che hanno sposato la nostra causa e ci hanno creduto, convinti che fosse una battaglia per difendere tutte le donne.

Anche l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni si era interessato, ma poi...

Aveva fatto un comunicato stampa, purtroppo l’Avvocatura andò avanti. Questa volta non penso che possa accadere la stessa cosa. Il presidente del Consiglio ha fatto un annuncio ufficiale e in una giornata particolare. Nei giorni precedenti si era molto interessato anche il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano e la ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti. E non mi stancherò mai di ringraziare la vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, che ci segue da molto tempo.

Ora che cosa succederà?

Il 9 dicembre è fissata l’udienza alla Corte di Appello di Catanzaro, io e la mia famiglia speriamo che finisca tutto, per poter pensare al futuro. Bisognerà poi capire come si procederà rispetto all’impegno del presidente Conte di prevedere un risarcimento per i danni non patrimoniali.

L’Associazione “Insieme a Marianna” è ormai diventata una realtà.

Certo fa male che proprio in questi giorni ci siano stati altri tre femminicidi. Proprio per questo noi con l’Associazione “Insieme a Marianna” abbiamo da anni avviato una serie di iniziative e di incontri di sensibilizzazione, soprattutto nelle scuole. Abbiamo in programma anche la formazione degli operatori comunali, vigili urbani e assistenti sociali, che spesso si trovano ad affrontare episodi di violenza sulle donne. Siamo vicini alle famiglie delle vittime. Il prossimo 2 dicembre saremo a Messina all’udienza preliminare del processo per l’omicidio di Lorena Quaranta, dove ci siamo costituiti parte civile. Lorena era un’infermiera, ammazzata senza nessuna ragione dal suo ragazzo lo scorso 31 marzo. Purtroppo paghiamo anni di arretratezza culturale che fa ancora considerare la donna come un soggetto di esclusivo possesso, che va eliminata quando vuole interrompere il rapporto. L’obiettivo della nostra associazione è proprio di fare prevenzione.