Un invito alla collaborazione. Potrebbe tradursi così quanto dichiarato dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Luca Poniz, al Dubbio, in vista del tavolo tra il sindacato delle toghe e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Un invito rivolto all’avvocatura, che nei giorni scorsi ha espresso non poche perplessità sul documento condiviso dall’Anm con il Guardasigilli, nel quale si chiede, sostanzialmente, un’estensione delle udienze da remoto, con margini d’azione molto più ampi rispetto a quelli tracciati dal dl Ristori. Il tutto per raggiungere un obiettivo - questo sì - comune: ridurre il più possibile il rischio di contagio nei Palazzi di Giustizia. Dove - è questo il grido d’allarme lanciato dall’avvocatura - il rischio cluster sembra sempre più reale. «Confidiamo che l'avvocatura condivida il senso della nostra proposta e si confronti sull'obiettivo di ridurre il più possibile le presenze in udienza», ha sottolineato Poniz. Nessuna polemica, né voglia di barricarsi sul fronte opposto a quello dell’avvocatura. Piuttosto la consapevolezza di essere tutti sulla stessa barca in mezzo al mare in tempesta. La data per un incontro, ad oggi, ancora non c’è.

La base di partenza, però, sì, ovvero le proposte avanzate dai magistrati, respinte, in buona parte, dall’avvocatura. Il nodo centrale del documento presentato da Anm è quello di estendere la possibilità di udienza da remoto anche per le discussioni nei giudizi abbreviati e dibattimentali, lasciando al difensore la possibilità di avanzare richiesta «motivata» di trattazione in presenza, così come per l’appello. Ed è proprio questo, per il Consiglio nazionale forense, il punto critico della proposta. L’idea di subordinare l’udienza in presenza ad una «richiesta motivata dell’avvocato» non piace all’organo politico dell’avvocatura e nemmeno all’Unione delle Camere penali. «Si tratta di una valutazione che tocca al difensore fare, sulla base delle esigenze e dalle indicazioni del cliente - ha spiegato il Cnf nei giorni scorsi -. Se dipendesse dalla valutazione di un giudice allora va da sé che tutte le udienze sarebbero da remoto, perché gli avvocati non avrebbero alcun concreto potere decisionale sulla gestione del processo». Insomma, il diritto alla difesa sarebbe nuovamente compromesso. Mentre sono tutti d’accordo su un punto: l’esigenza di una corretta organizzazione dei tribunali, sia in termini di calendarizzazione oraria delle udienze in presenza, sia in termini di distanziamento generale, per far sì che le occasioni di contagio siano ridotte al minimo.

Mentre sono in corso le verifiche ministeriali sul rispetto della normativa anti Covid nei tribunali, a Catania i penalisti confermano la volontà di astenersi dalle udienze dal 27 novembre al 7 dicembre, come protesta per la disorganizzazione delle udienze, che rischia di creare occasioni di assembramento e, dunque, di contagio. Una paura intensificata anche dall’alto numero di casi positivi tra gli avvocati catanesi, che ha spinto il Coa guidato da Rosario Pizzino a chiedere il rinvio d’ufficio di tutti i processi, ad eccezione dei casi urgenti. Il punto di partenza è «la manifesta insufficienza ed inidoneità degli immobili». E nonostante, la scansione temporale dei processi, si legge nella delibera partorita sabato scorso, si creano comunque «pericolosi e ravvicinati contatti personali». La richiesta del Coa è di disporre, per venti giorni, il rinvio d’ufficio, per i processi civili, salvi i procedimenti cautelari ed urgenti, «di tutte le udienze da trattare in presenza fisica (prime udienze e udienze istruttorie), contenendone il rinvio entro sei mesi, e la trattazione cartolare di tutti gli altri procedimenti, di primo e di secondo grado (anche di quelli per i quali non sia stata ancora fissate la modalità di trattazione). Resta salva la facoltà, anche di uno solo degli avvocati impegnati in giudizio, di richiederne la trattazione in presenza, fornendone adeguata e specifica motivazione». Ma anche di considerare ' legittimo impedimento' «quello dell'avvocato che, per certificati motivi legati all'emergenza sanitaria, sia impossibilitato a partecipare all'udienza o a depositare atti processuali, disponendo, a seconda dei casi, un rinvio d’ufficio od una rimessione in termini». Quanto al penale, il Consiglio dell’ordine chiede «il rinvio d’ufficio di tutti i processi (ad eccezione delle “urgenze”) e che il rinvio stesso venga notificato agli interessati a cura della cancelleria almeno quindici giorni prima della data di nuova trattazione».