Ha quasi 80 anni con problemi mentali, era in detenzione domiciliare per un reato di diffamazione, ma il 15 ottobre scorso lo hanno tradotto nel carcere di Rebibbia nuovo complesso perché non ha rispettato alcuni obblighi imposti dal giudice. La denuncia arriva da Gabriella Stramaccioni, la Garante delle persone private della libertà per il Comune di Roma. Lui si chiama Marco, è del 1941 e ha subito, com’è detto, una condanna definitiva per diffamazione con una pena che finirà di scontare ad aprile del prossimo anno. Non aveva neanche capito di essere ai domiciliari In piena pandemia, quando si stanno adottando provvedimenti per ridurre il sovraffollamento onde evitare che non ci sia posto per isolare e curare i malati di Covid 19, accade che fanno entrare in carcere un anziano che molto probabilmente, proprio per il suo stato psichico, nemmeno si è reso conto di ciò che ha fatto.  «Il signore ha problemi mentali – denuncia la Garante Gabriella Stramaccioni - e la moglie non aveva neanche capito che fosse ai domiciliari. Mi hanno cercata per capire il perché il marito fosse stato portato in carcere. Mi chiedo e chiedo: si possono evitare queste assurdità?».Una storia che ha destato stupore tra il personale dell’area educativa del carcere, anche perché ci troviamo nuovamente nel periodo in cui, oggi più che mai, va ricordato che nel nostro sistema il carcere costituisce l’extrema ratio. Nelle carceri è impossibile assicurare il distanziamento fisico Come ha detto il Procuratore generale della Corte di Cassazione Giovanni Salvi, tramite un documento del primo aprile scorso, «occorre dunque incentivare la decisione di misure alternative idonee ad alleggerire la pressione dalle presenze non necessarie in carcere: ciò limitatamente ai delitti che fuoriescono dal perimetro predittivo di pericolosità». Sì, perché chiunque conosca la realtà carceraria italiana sa bene che è impossibile assicurare dentro le carceri quel distanziamento fisico, nonché le altre misure essenziali di profilassi. I detenuti dividono le camere fra più persone, condividono i servizi, consumano pasti insieme nelle celle, gli spazi comuni sono limitati. 395 detenuti e 424 agenti penitenziari positivi Insomma, in carcere l'assembramento, che tutti dobbiamo evitare, è inevitabile con i numeri che ci sono. Poi ci sono gli anziani e malati, proprio quelli che sono i soggetti più vulnerabili al Covid 19, che in carcere non dovrebbero proprio starci.L' equilibrio all'interno degli istituti penitenziari affollati è molto precario e bisogna intervenire velocemente con provvedimenti efficaci per evitare i contagi. A ieri i detenuti positivi nelle carceri italiane sono 395, contro i 145 del 27 ottobre, mentre gli agenti sono 424 rispetto ai 199 di una settimana fa. La stessa garante Stramaccioni ha fatto recentemente un appello alla magistratura di sorveglianza affinché «verifichi di nuovo, come è stato fatto durante il lockdown, tutti i casi di incompatibilità con il regime detentivo da parte di coloro che soffrono di particolari patologie. E parliamo di tante persone». Da garante visita frequentemente le carceri romane ed ha evidenziato che ci sono troppe criticità, «troppi ritardi da parte della Magistratura di Sorveglianza a dare risposte alle istanze che riguardano la liberazione anticipata, la incompatibilità per malattie alla detenzione, alla concessione dei permessi o dei benefici permessi per legge. Le cancellerie sono in forte difficoltà e molte pratiche non vengono lavorate, nei tempi opportuni».In tutto questo, accade che mandano a Rebibbia un anziano signore, con problemi mentali e per un reato non grave. «Per cortesia, facciamolo uscire subito!», chiede a gran voce la Garante Stramaccioni.