«Guardare indietro ai mesi di questo 2020 scandisce il presidente del Consiglio Giuseppe Conte vuol dire attraversare una galleria di immagini che raccontano dolore e sofferenza ma anche voglia di riscatto, senso di appartenenza e solidarietà. Un viaggio difficile, che l'Italia ha compiuto scegliendo di rimboccarsi le maniche, senza farsi piegare da un nemico invisibile». Un viaggio testimoniato dagli scatti dei 30 fotografi provenienti da 11 Paesi diversi inclusi alcuni corrispondenti italiani delle tre principali agenzie rappresentate nella Stampa Estera, Reuters, Ap e AFP che costituiscono l'essenza della mostra fotografica «Lockdown Italia visto dalla Stampa Estera», fino al 1° novembre a Roma presso le Sale terrene del Palazzo dei Conservatori, nella prestigiosa cornice dei Musei Capitolini. A cura dell'Associazione Stampa Estera in Italia, l'esposizione, attraverso un percorso di più di settanta foto, ripercorre il periodo compreso tra marzo e giugno, dalle prime drammatiche chiusure al crescente senso di disperazione che stringeva il Paese, dalla resistenza composta e responsabile degli italiani alla ripresa, lenta e consapevole, delle attività, fino all'instaurarsi di una nuova normalità scandita dall'uso inderogabile di mascherine, distanziamento sociale e misurazione della temperatura. Tutto attraverso gli occhi e l'obiettivo partecipe dei fotografi della stampa estera. «I fotografi protagonisti di questa esposizione evidenzia la sindaca di Roma Virginia Raggi sono stati al tempo stesso corrispondenti delle diverse testate internazionali, ma anche cittadini che hanno compreso e condiviso con gli italiani i sentimenti di dolore e angoscia e la difficoltà che si stava vivendo». Un dolore diffuso e condiviso, che ha scalfito l'apparente e talvolta insistita autoreferenzialità delle politiche locali. «Come primo Paese occidentale a subire l'impatto del virus, ricorda la presidente dell'Associazione della Stampa Estera in Italia, Trisha Thomas l'Italia era balzata in cima alle aperture dei telegiornali e alle prime pagine dei quotidiani. Dovevamo uscire e raccontare la storia. Il nostro lavoro era recarci nelle unità di terapia intensiva, intervistare medici e infermieri, visitare case di cura, riferire dei funerali, oltre a mostrare al mondo come l'Italia, il suo governo e la sua gente, stavano affrontandola pandemia». Una bambina attraversa con il suo monopattino una Piazza Navona deserta e fantasmatica, una ragazza si stende sul lettino a prendere il sole sul terrazzo, le file di bare nelle chiese, PapaFrancesco che, da solo sotto la pioggia copiosa, dispensa la Benedizione Urbi et Orbi. Istantanee di un'Italia fragile, che pur tuttavia resiste e non si arrende. Non si rassegnano i volti dietro gli scuri, gli impiegati nei supermercati rigorosamente contingentati, gli infermieri e i medici stremati da ore e ore di lavoro. «Tanti medici e infermieri riconosce il premier Conte non hanno esitato a disporsi sulla trincea della battaglia contro il virus. Fra loro c'è chi ha pagato il prezzo più pesante con la vita; chi è stato contagiato; chi si è trasferito volontariamente da Sud a Nord per affiancare i colleghi degli ospedali più sotto pressione». Li hanno definiti eroi, professionisti che tuttavia sono stati costretti a lamentare la memoria corta di certa politica. Un concorso di responsabilità e resilienza ha caratterizzato la popolazione che reagisce: dai canti su balconi e terrazze all'apertura dei primi esercizi commerciali, fino all'approdo ad una nuova quotidianità. Valori che in un momento come questo, contrassegnato da un aumento dei contagi e dal varo delle misure contenute nel nuovo Dpcm, risultano quantomai necessari e preziosi. «Molti di noi chiosa Trisha Thomas provengono da Paesi che hanno gestito il virus in maniera diversa, dove i battibecchi, la mancanza di unità o l'arroganza hanno ostacolato il bene pubblico. L'Italia, invece, è assurta ad esempio e noi, come Stampa Estera, eravamo qui per raccontarlo».