Dopo la polemica lessicale sul fatto che a detta sua è assurdo che il Garante sia definito “delle persone private della libertà” invece “dei detenuti”, il sociologo Nando dalla Chiesa questa volta si scaglia contro una lettera di Stefano Anastasìa, nella veste di garante della regione Lazio delle persone private della libertà. Di cosa parliamo? Di una nota con cui il professore Anastasìa ha espresso la propria opinione su un Protocollo d’intesa per la promozione di lavori di pubblica utilità sottoscritto dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria con l’Azienda di Edilizia residenziale pubblica di Roma e la Regione Lazio.

Nando dalla Chiesa, in sostanza, critica il fatto che il Garante si sarebbe rifiutato di accettare che i detenuti possano essere impiegati in lavori di pubblica utilità. In realtà, le cose non sono esattamente come ha capito dalla Chiesa. Non solo. Ha anche scritto che i garanti si sarebbero occupati solo di Dell’Utri nel carcere di Rebibbia, disinteressandosi delle altre persone sconosciute come i migranti. Anche questo ovviamente non è vero. Il Garante monitora i diritti umani di tutti: dal colletto bianco a l’ultimo dannato della terra. Nessuno escluso.

Tutto qui? No, ha aggiunto che ci si concentra solo sul 41 bis, «pensato e richiesto dal noto torturatore di Stato di nome Paolo Borsellino». A parte che a pensare di ripristinare un regime differenziato per i mafiosi in realtà è stato Giovanni Falcone, si dimentica di dire che, ad esempio, il giudice stritolato dal tritolo a Capaci ha anche ideato l’introduzione del 4 bis ( reato ostativo) molto più morbido rispetto a quello introdotto dopo la sua morte. Ma per fortuna ci ha pensato la Consulta a farlo ritornare alle origini. Sì, proprio quelle pensate da Falcone: non era un noto “torturatore”, proprio perché molto attento al rispetto del dettato costituzionale.

Ma ritorniamo alla lettera incriminata. Il garante Anastasìa l’ha resa pubblica sul suo sito istituzionale in maniera tale che tutti la possano leggere. «Si evince – scrive il garante regionale del Lazio per rispondere alla polemica avanzata da Dalla Chiesa - non solo che non sono contrario a quell’impiego dei detenuti, anche a titolo gratuito, quando esso sia effettivamente volontario e circoscritto nel tempo e nelle cause ( come definito originariamente dal legislatore), ma vorrei anzi che gli enti pubblici e le aziende da essi dipendenti facessero di più, facilitando percorsi di inserimento lavorativo retribuito alle condizioni di vantaggio economico e fiscale garantite dalla legislazione in materia di lavoro penitenziario».

Sempre Anastasìa, rimarcando tra le cose che il professor dalla Chiesa evidentemente non sa, rivela che c’è anche il seguito di quella lettera: una riunione con il Segretario generale della Regione Lazio, il Presidente dell’Ater Roma e il delegato Dap ai lavori di pubblica utilità in cui si è convenuto di verificare la possibilità di “rinforzare” il protocollo con percorsi di tirocinio e di inserimento lavorativo nelle forme previste dalla ordinaria legislazione nazionale e regionale in materia. «Segno evidente – conclude Anastasìa - che l’operato del Garante non è indirizzato a non far fare, ma a fare meglio, nell’esclusivo interesse dei detenuti e delle altre persone private della libertà».