Dopo le contestate riforme sulla sospensione sine die della prescrizione ed in materia di intercettazioni, il Governo ha nuovamente deciso di intervenire nel settore della giustizia penale, con un nuovo Disegno di Legge, che - nelle intenzioni - avrebbe il fine meritorio di aumentare l’efficienza del procedimento penale, introducendo nuove disposizioni per la celere definizione dei processi attualmente pendenti.

Come anticipato, l’intento dell’esecutivo è senza dubbio meritevole di pregio, se non fosse che, ancora una volta, il progetto di legge finisce per ridefinire la figura dell’avvocato quale mero orpello, necessario ma non indispensabile, del procedimento penale, relegandolo - ancora una volta - ad un ruolo di - quasi fastidioso ostacolo alla rapida definizione del processo penale.

Il provvedimento si inserisce, quindi, nell’ormai nota volontà governativa di voler diminuire con strumenti, peraltro, di dubbia utilità concreta - a tutti i costi i tempi del processo penale, a drammatico discapito dei più basilari diritti difensivi del giusto processo, di cui l’avvocato, quale parte ed indispensabile ingranaggio del sistema penale, risulta essere il più alto rappresentante in sede processuale.

In merito a questo Disegno di Legge, la Commissione Giustizia il 7 ottobre, riunitosi presso la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, ha svolto alcune preliminari audizioni da parte dei più importanti Organi rappresentativi del settore (Cnf, Ucpi e Ocf), che hanno così avuto modo di evidenziare le numerose criticità del provvedimento.

I delegati dalle Associazioni forensi hanno, dunque, fortemente criticato il progetto di legge, rilasciando dichiarazioni univoche: a titolo di esempio si riportano le parole diffuse dal Cnf subito dopo l’intervento della consigliera avv. Giovanna Ollà, secondo cui le modifiche “impattano fortemente sul sistema garantistico e sui diritti di difesa”.

In particolare, l’Unione delle Camere Penali Italiane, rappresentata dal segretario avv. Eriberto Rosso e dal responsabile della Comunicazione avv. Giorgio Varano, con un comunicato chiaro e sintetico, cui, quale avvocato penalista il sottoscritto ritiene di aderire completamente, hanno evidenziato alcune criticità. I punti censurati e su cui è stata posta l’attenzione sono così sintetizzabili: no alle ulteriori contrazioni delle garanzie difensive, no alla violazione delle regole del contraddittorio, no alla riduzione a simulacro delle impugnazioni; sì al rilancio dei riti speciali, sì al rafforzamento delle garanzie difensive per la realizzazione dei principi del giusto processo.

Venendo al merito delle disposizioni inserite nel Disegno di Legge, occorre rilevare come lo stesso preveda ulteriori erosioni delle garanzie difensive nella fase del dibattimento. A titolo di esempio, si segnala l’estensione dei meccanismi di recupero delle prove dichiarative nel caso di mutamento di un componente del collegio giudicante: se passasse il Disegno di Legge oggetto delle audizioni non sarebbe più possibile la rinnovazione della testimonianza davanti al Giudice della decisione e le ragioni che la rendevano assolutamente necessaria potranno essere rappresentate solo con l’atto di appello.

Lo schema di Disegno di Legge, interviene poi nuovamente sulla disciplina della prescrizione, ferma restando la sua sospensione dopo la sentenza - di condanna e di assoluzione - di primo grado. Dunque, ancora una volta il Governo non torna sui propri passi.

Tuttavia, il punto maggiormente oggetto di critiche riguarda la disciplina delle impugnazioni, materia in cui si è giunti ad ipotizzare di abolire la collegialità per una grande parte dei processi in grado di appello e limitando la portata cognitiva del giudizio, arrivando anche a prevedere un assolutamente insolito “ruolo – stralcio” gravante sulle Corti di Appello.

Peraltro, in materia verrebbe introdotta un’ulteriore - evitabile modifica in ordine all’obbligo che l’impugnazione in appello richieda l’attribuzione, da parte dell’imputato, di un nuovo specifico mandato ad hoc al difensore. Un ulteriore adempimento a carico sia dell’avvocato, sia della persona imputata nel procedimento penale, i quali in pendenza dei termini di impugnazione dovrebbero provvedere nuovamente al rilascio di una procura. Sul punto, il delegato del Cnf presente all’audizione, ha correttamente specificato che «riguardo alla coerente scelta dell’avvocato sulla proposizione dell’appello, è in gioco un profilo di correttezza verso l’assistito perfettamente presidiato dal nostro codice deontologico». Insomma, il pensiero celato contenuto in tutte queste numerose riforme sembra sempre essere quello per cui l’avvocato, finanche nell’esercizio dei suoi doveri professionali, sanzionati peraltro dal Codice Deontologico, sia un ostacolo ad una rapida risoluzione del processo.

Ancora, sempre nell’ottica di limitare i poteri del difensore e con questi naturalmente la garanzia di un processo equo e ragionevole, con il nuovo Disegno di Legge verrebbe introdotta l’impossibilità di depositare l’impugnazione presso il Giudice del circondario in cui svolge la professione l’avvocato (circostanza oggi prevista per evidenti motivi di praticità), con obbligo di provvedere, invece, al deposito presso il Giudice del luogo che ha emesso il provvedimento, addirittura eliminando la possibilità di usare il mezzo della raccomandata. Il tutto in assenza del processo telematico in materia penale. Nel Disegno di Legge in oggetto, nulla viene detto, poi, in materia di riti speciali (ad eccezione di un leggero e non incisivo aumento del limite edittale per richiedere l’applicazione della pena su richiesta delle parti) e sul tema della depenalizzazione: ancora una volta l’approccio del Governo per riformare il sistema penale risulta miope e senza alcuna previsione di lungo termine, finendo per mortificare la funzione difensiva e non dando alcun seguito alle proposte preventivamente formulate dagli organi forensi intervenuti nell’audizione del 7 ottobre. Ed ancora, con il progetto in esame verrebbe introdotta una ulteriore disposizione secondo cui l’avvocato diverrebbe un mero «Messo notificatore», rendendolo il soggetto destinatario di tutte le notifiche successive alla prima, andando così a snaturare la funzione difensiva dell’avvocato ed imponendo allo stesso l’onere di provare l’irreperibilità dell’assistito. Il provvedimento qui analizzato per i motivi su esposti si pone in contrasto con alcuni fondamentali diritti di difesa, finanche di rango costituzionale, quale il principio del giusto processo e del contraddittorio. Come già detto, a parere di chi scrive, un serio progetto di riforma del sistema penale dovrebbe agire su tre versanti: da un lato, rafforzando gli strumenti preventivi alla configurazione dei reati e dall’altro modificare l’assetto dell’udienza preliminare, attualmente divenuta mero filtro e strumento di smistamento delle udienze alle Sezioni dibattimentali ed in ultimo aumentare l’organico dei funzionari ed addetti presenti nei Palazzi di Giustizia.

Tutte le modifiche di questo Governo intervenute fino ad oggi non risolvono in concreto alcuna delle questioni che affliggono da anni il sistema penale italiano, che, anzi, ne uscirà maggiormente indebolito dalle recenti riforme. L’equazione è semplice: se vengono ridotti i poteri del difensore in sede penale, tutto il sistema penale ne risentirà, a scapito prima di tutti della persona coinvolta, quale soggetto indagato, imputato ma anche come parte lesa. Il sottoscritto ritiene, in conclusione, di aderire all’appello ed invito svolto dall’Unione delle Camere Penali Italiane in sede di audizione ai componenti giuristi della Commissione Giustizia affinché «non consentano ulteriori menomazioni del sistema accusatorio, come quelle previste dal disegno di legge di riforma, mettendo a disposizione le tante proposte maturate in sede di consultazione per l’obiettivo della realizzazione della ragionevole durata del processo».