di GIUSEPPE DE LUCIA LUMENO *

Il Consiglio di Stato ha revocato, nei giorni scorsi, la sospensione dell’obbligo di trasformazione in s. p. a. delle banche popolari in quanto, secondo il Giudice amministrativo, a seguito delle decisioni della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia europea non apparirebbero più rilevanti i pregiudizi lamentati dai soci ricorrenti sia in ordine alla questione dei limiti al rimborso degli strumenti di capitale sia alla correttezza della fissazione in 8 miliardi di euro della soglia per il mantenimento dello status di “popolare”. Il Consiglio di Stato omette però di considerare che la Corte di Giustizia europea ha ad esso demandato di valutare, nel giudizio di merito, la corretta applicazione nel caso di specie del principio di proporzionalità. Non solo. Sub iudice non erano ( e sono) solo la legittimità costituzionale e la compatibilità con il diritto europeo della riforma, ma anche questioni rimesse alla esclusiva competenza del Supremo Giudice amministrativo in quanto attinenti ad ulteriori vizi propri delle disposizioni di attuazione della riforma stessa.

E’ bene ricordare che proprio il Consiglio di Stato, in una precedente ordinanza, ha stabilito che le Istruzioni di vigilanza sono affette anche da ulteriori vizi propri, fra l’altro, in particolare, laddove negano la possibilità di realizzare la trasformazione mediante operazioni da cui risulti una società holding cooperativa. Il Giudice amministrativo ha infatti ritenuto «che la predetta limitazione risulta priva di base legislativa e appare, oltre che non necessaria per realizzare le finalità della riforma, foriera di un’irragionevole disparità di trattamento tra i soci delle ex popolari ( privati della possibilità di esercitare il controllo) e ogni altro soggetto che partecipi al capitale azionario ( cui invece tale possibilità resta riconosciuta)». È allora evidente che su tale materia, oggetto esclusivo della giurisdizione amministrativa, non hanno alcun rilievo né la pronuncia della Corte costituzionale né quella della Corte di Giustizia europea che nulla hanno deciso in merito non essendo la questione neanche indirettamente stata sottoposta a tali organi giudicanti: su tale aspetto il Consiglio di Stato non potrà dunque esimersi dal pronunciarsi nella prossima fase di merito.

Nella definitiva pronuncia - e fermo restando che sarebbe stato certo auspicabile il mantenimento della sospensione al fine di scongiurare il pregiudizio che deriverebbe ai soci dalla privazione della possibilità di adeguamento alla riforma tramite la costituzione di una holding cooperativa - èlecito dunque attendersi che il Consiglio di Stato confermi quanto già ritenuto in precedenza, laddove ha stabilito che il divieto di costituzione di una holding cooperativa “risulta privo di base legislativa”, “appare non necessaria per realizzare le finalità della riforma”; è “foriera di un’irragionevole disparità di trattamento tra i soci delle ex banche popolari ( privati della possibilità di esercitare il controllo) e ogni altro soggetto che partecipi al capitale azionario ( cui invece tale possibilità resta riconosciuta).

Come scriveva Piero Calamandrei la fase cautelare del processo amministrativo è per sua natura «destinata, più che a fare giustizia, a dar tempo alla giustizia di compiere efficacemente l’opera sua». E’, dunque, legittimo attendersi che il Consiglio di Stato nel prosieguo del giudizio affronti compiutamente il ‘ merito’ della vicenda, così come inequivocabilmente richiesto dal Giudice europeo, facendo, davvero, giustizia.

* Segretario Generale Associazione Nazionale fra le Banche Popolari