La magistratura non ha mai condizionato la politica. Parole e musica del procuratore di Catanzaro Gratteri al quale, probabilmente, devono essere sfuggite giusto un paio di inchieste giudiziarie che negli ultimi 30 anni hanno cambiato il corso della politica italiana. A partire dal 92, anno dinizio di Tangentopoli: l'inchiesta che ha messo i ferri ai polsi a unintera classe dirigente e archiviato la prima Repubblica. Per finire con Mafia Capitale, l'indagine che avrebbe dovuto smascherare il controllo dei clan su Roma e il famigerato terzo livello quello dello scambio politico-mafioso salvo poi finire con un nulla di fatto. O quasi. Un nulla di fatto solo giudiziario, però. Perché sul piano politico quell'inchiesta ha determinato la caduta di un sindaco eletto dai romani e la nascita della giunta Raggi. Senza dimenticare la frase rubata allex presidente dellAnm, Luca Palamara: «Dobbiamo attaccare Salvini». Insomma, a Gratteri deve essergli sfuggito qualcosa, comprese le parole che lui stesso pronunciò nel corso di una conferenza stampa tenuta dopo un centinaio di arresti (e sì, l'Italia è quel posto in cui i magistrati indicono conferenze stampa): «Smonteremo la Calabria come un treno dei Lego e la rimonteremo», disse il procuratore di Catanzaro con fare vagamente comiziesco. Ma Gratteri è convinto dellassoluta innocenza delle toghe e insiste: «Non possiamo accreditare l'idea che ci siano magistrati capaci di sedersi a tavolino per mettere in piedi inchieste con finalità politiche. Non mi risulta», ha infatti spiegato a Libero. «Non escludo che qualcuno abbia potuto anche farlo, ma non penso che ci siano magistrati che la mattina si alzino con l'idea di rovesciare un governo o mettere in crisi una coalizione». E poi: «Smettiamola con questa storia dei politici sotto schiaffo, se uno non ha nulla da temere, non ha ragione di preoccuparsi». Poi il procuratore di Catanzaro interviene sulla questione della separazione delle carriere. E lì non solo Gratteri è contrario ma auspica sempre più pm che diventino giudici: «La separazione delle carriere non comporta solo svantaggi, e non solo in termini di cultura della giurisdizione, ma anche di arricchimento e sviluppo professionale. Non si deve sperare che le carriere non vengano separate, ma avere sempre più pm che hanno fatto i giudici e sempre più giudici che hanno fatto i pm».