Da più di un anno è di fatto detenuto nel carcere romano di Regina Colei, mentre in realtà il magistrato di sorveglianza ha disposto che deve essere ospite di una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza ( Rems). Si tratta di un ragazzo tedesco di 31 anni, in Italia senza fissa dimora, tratto in arresto a maggio del 2019 per aver commesso resistenza a pubblico ufficiale e lesioni giudicate guaribili in un giorno. Viene dichiarato incapace di intendere e di volere, ma in quanto ritenuto pericoloso a causa delle sue patologie psichiatriche, gli viene applicata la misura di sicurezza provvisoria presso una Rems.

Ad assisterlo è l’avvocata Sonia Santopietro del foro di Roma, la quale sta lavorando su più fronti affinché si risolva la situazione del ragazzo che, di fatto, si trova illegalmente in carcere.

Per capire meglio la vicenda, bisogna partire dall’inizio. Quando il giovane tedesco ha commesso quei fatti di resistenza a pubblico ufficiale, sul luogo e nell'immediatezza dell’evento, i medici del 118 richiesti dagli operanti – considerando che alternava momenti di calma a momenti di evidente agitazione - non hanno ritenuto di dover disporre alcuna misura sanitaria, così vien accompagnato in commissariato. Di nuovo è stato richiesto l'intervento del 118 che, rivisitato il ragazzo, non ha disposto alcuna misura sanitaria nei suoi confronti.

In stato di arresto viene tradotto in carcere a disposizione dell'autorità giudiziaria. Il giorno successivo in udienza, convalidato l'arresto, gli viene applicata la misura cautelare della custodia cautelare in carcere e tradotto a Regina Coeli. Ad agosto 2019, all'esito del giudizio, viene dichiarato con sentenza del Tribunale di Roma incapace di intendere e di volere al momento del fatto e, in quanto ritenuto socialmente pericoloso, gli viene applicata, in via provvisoria, la misura di sicurezza della Rems per la durata di due anni. Senza soluzione di continuità, il Tribunale dispone, in attesa dell'individuazione di una Rems disponibile, la sua traduzione al carcere di Regina Coeli.

«Il ragazzo – spiega a Il Dubbio l’avvocata Sonia Santopietro - è affetto da una grave psicosi per la quale il carcere non rappresenta un luogo adeguato ove possa ricevere le cure necessarie. Seguito anche dal dipartimento di salute mentale, alterna alti e bassi ed anche la sua ' collocazione' inframuraria viene determinata dall'andamento della patologia: ' repartino', sorveglianza a vista, non è mancato un ricovero presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura a causa di un episodio di acuzie ed a seguito del quale viene riportato in carcere».

Nel frattempo si fa istanza per chiedere una valutazione della pericolosità sociale, ma soprattutto per la revoca della misura di sicurezza detentiva essendo inadeguata la struttura carceraria. Arriviamo a giugno 2020 e il magistrato di sorveglianza ritiene attuale la pericolosità sociale del ragazzo. Ma sempre nell’ordinanza scrive: «Risulta che è in lista di attesa per l'individuazione della Rems dallo scorso agosto, tempo francamente lungo ed assolutamente non adeguato alla gravità del disturbo che necessita di urgente trattamento psichiatrico». Ma non solo. Ricordiamo che il ragazzo non ha nessun legame nel nostro Paese, i familiari infatti vivono in Germania. Quindi non deve essere per forza ospitato in una struttura della regione Lazio, ma anche nel nord dove i familiari lo potrebbero raggiungere più facilmente.

Infatti, il magistrato di sorveglianza aggiunge: «Concordando con le indicazioni dei responsabili della Asl che hanno evidenziato l'importanza di favorire i contatti con la famiglia, il magistrato chiede agli organi competenti all'individuazione della Rems di valutare la possibilità di assegnare l'internato ad una struttura del Nord Italia ove i genitori potrebbero accedere più facilmente. Non vi è infatti necessità di osservare il principio di territorialità non avendo legami familiari e domicilio nella Regione Lazio, ed essendo occasionale la commissione del reato a Roma. La ricerca estesa ad altre Regioni potrebbe rendere più veloce l'inserimento in Rems, a garanzia del diritto alle cure e delle ragioni di tutela della collettività». Nonostante ciò nessuna Rems ancora si dichiara disponibile ad accoglierlo. L’avvocata Santopietro, il 23 luglio scorso, ha quindi interpellato tutti i diretti interessati che devono provvedere a dare seguito all’ordinanza: Dap, Provveditorato Regionale del Lazio, Servizi sanitari della Regione Lazio e Centro salute mentale della Asl.

Dopo un mese risponde solo il Dap, rappresentando «che per quanto di competenza questo Ufficio con provvedimento del 28.08.2019 ha già provveduto ad indicare la Rems di Subiaco oppure in alternativa le Rems di Palombara Sabina e Ceccano. Con provvedimento del 6.07.2020 ha provveduto a richiedere la disponibilità di posto letto a tutte le Rems attive a livello nazionale, allo stato, con esito negativo. Questo Ufficio con provvedimento del 28.08.2020 ha provveduto a sollecitare le Rems attivate dalla Regione Lazio a concedere la disponibilità di posto letto. Le predette Rems interpellate dalla Direzione della Casa Circondariale di Roma Regina Coeli, con cadenza giornaliera, continuano a comunicare la indisponibilità di posto letto» ed ancora che «Questo Dipartimento si limita a svolgere una mera attività di raccordo con le Autorità Giudiziarie, fornendo alle stesse la sola indicazione dell'insistenza sul territorio di riferimento della Rems attiva per il ricovero dell'internando in ragione della residenza dello stesso. Potranno essere richieste alle Rems attive nel Lazio, già indicate da questo Ufficio a disporre il ricovero e alla competente Direzione della Regione Lazio le indicazioni per la concreta esecuzione del dispositivo della sentenza ed al conseguente accertamento della pericolosità sociale ex art. 679 c. p. p. disposto dal Magistrato di Sorveglianza di Roma».

Nulla da fare. Nessuna Rems è in grado di ospitare il ragazzo, nonostante sia stata allargata la possibilità anche in altre regioni. L’avvocata non demorde, ha scritto recentemente al Garante Nazionale e Regionale delle persone private della libertà personale. Ma ha anche messo a conoscenza della situazione l’ambasciata tedesca, costantemente aggiornata.

«Quante altre persone si trovano nella stessa situazione», chiede in maniera retorica l’avvocata Santopietro. «Ci si deve chiedere – continua la penalista - a cosa siano serviti oltre dodici mesi, ad oggi, di attesa in carcere; in questo periodo, detenuti, operatori, polizia penitenziaria hanno svolto e continuano a svolgere, di fatto, un'attività di mediazione, traduzione linguistica, sostegno, contenimento della patologia e del disagio, trasformando così il carcere da luogo di pena a contenitore del disagio».

Quasi quotidianamente si ripropone il problema delle persone che - in attesa di essere ospitati nelle Rems - vengono trattenute nelle carceri. Le liste di attesa esistono e sono piuttosto affollate, tanto da portare anche a gesti estremi. Da ricordare il tragico caso di Valerio Guerrieri, 21 anni e che si è tolto la vita proprio al carcere di Regina Coeli. Anche lui doveva stare in una Rems.