Con Guido Silvestri, professore ordinario e direttore del dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio alla Emory University di Atlanta, affrontiamo il tema ' coronavirus' dal punto di vista scientifico, politico e comunicativo.

Professore cosa ne pensa della proroga dello stato di emergenza fino al 15 ottobre qui in Italia?

Penso che non stia a me commentare. Però i giuristi di cui mi fido, da Sabino Cassese a Luciano Butti, dicono che non sarebbe stato necessario.

Nei giorni passati ci sono state diverse polemiche a seguito del noto convegno in Senato a cui, ricordiamolo, lei ha deciso in un secondo momento di non partecipare. Qual è il suo pensiero in merito all'appellativo di negazionisti dato ad alcuni suoi colleghi?

Innanzitutto penso che usare il termine ' negazionismo' fuori dal contesto della Shoah e, forse, dell'Aids ( dove il negazionismo ha fatto migliaia di morti) non sia appropriato. Se poi lo usi contro medici del calibro di Clementi, Bassetti e Zangrillo, credo che il termine discrediti soltanto chi lo usa così clamorosamente a sproposito. E, per dirla fuori dai denti, è ora di smetterla di gettare fango su chi ha delle opinioni scientifiche diverse dalle nostre. Sono metodi squadristi, ma oggi siamo nel 2020, non nel 1922.

Sabato scorso in una intervista al nostro giornale proprio Matteo Bassetti ha detto “rifiuto il pensiero unico sul Covid”.  Secondo lei è corretto dirlo di una patologia ancora sconosciuta?

Se per pensiero unico si intende quella visione ' dogmatica' per cui l'unica cosa che serve per fermare Covid- 19 sono le cosiddette chiusure, beh, Bassetti ha perfettamente ragione, e più che pensiero ' unico' lo definirei pensiero scientificamente infondato. Le chiusure sono sicuramente servite - e come non potrebbe essere altrimenti? È chiaro che se chiudessimo l'umanità in sette miliardi di bolle il virus non circolerebbe più, mica ci vuole un genio per capirlo. Ma è altrettanto ovvio che questa non sia una soluzione praticabile per mille motivi. In realtà non sappiamo quanto veramente siano servite le chiusure, soprattutto quelle generalizzate e prolungate, e fino a che punto varrà la pena di farle in futuro, viste le disastrose conseguenze dei lockdown a livello socio- economico e anche psicologico. Proprio ieri il primo ministro norvegese, Erna Solberg, che pure guida un Paese dove il Covid ha fatto pochissime vittime, ha detto di essere pentita di aver chiuso le scuole, tanto per fare un esempio.

Il suo amico e collega Roberto Burioni disse però già anni fa: “La scienza non è democratica”. Lei è d'accordo?

Certo, lui intendeva dire che i risultati della ricerca scientifica non si mettono in discussione per assecondare il volere della maggioranza, e ha perfettamente ragione. Infatti questo è un concetto addirittura banale nella sua semplicità. Invece la gestione della scienza è, ovviamente, democratica, in quanto se ne fa carico la politica.

A proposito di Scandinavia, qualche giorno fa l'Agi ha titolato: “Come ha fatto la Svezia ad appiattire la curva epidemica senza lockdown?”. Cosa ne pensa del caso Svezia?

La Svezia ha fatto un esperimento teoricamente interessante, anche se probabilmente lo ha eseguito male. Scegliere di non ' chiudere', e di affidarsi invece ad un mix di raccomandazioni alla popolazione e preparazione a livello socio- sanitario, non è necessariamente una cattiva idea, e lo dimostra il fatto che la Svezia ha avuto gli stessi morti per milione di abitanti di Italia e Spagna ma perdendo ' solo' l' 8.6% del Pil ( invece del 12- 14%). Ma gli svedesi non sono riusciti a mettere in sicurezza le case di riposo, soprattutto nelle aree metropolitane di Stoccolma e Malmoe, dove si sono verificati il 70- 80% dei morti - e questo non è un caso -, è perché se si lascia che il virus circoli poi l'attenzione nel proteggere i soggetti ad alto rischio deve alzarsi di molto. Per questo la loro mortalità è stata molto più alta dei cugini danesi e finlandesi.

Com'è cambiato il rapporto tra scienza e politica in questi mesi?

Non mi piace l'alleanza che si è creata tra epidemiologia “difensiva”, cioè concentrata a ridurre i danni da Covid- 19 senza però pensare ai danni di certi interventi non medici, e una politica che deve giustificare a tutti i costi le sue scelte tra febbraio e marzo 2020, alcune delle quali appaiono molto discutibili, a partire dalla gestione del grande focolaio epidemico in Val Seriana. Sarò cattivello, ma la mia sensazione è che qualcuno, dopo una iniziale minimizzazione a base di aperitivi e slogan del tipo ' Milano non si ferma', abbia pensato bene di riciclarsi come paladino della ' prudenza a oltranza'. Piuttosto, credo sia importante, per un elementare principio di democrazia e di trasparenza, che vengano resi pubblici tutti i verbali del Cts in quel periodo, in modo che i cittadini possano sapere come e su quali basi siano state prese decisioni per loro molto dolorose.

Il professor Anthony Fauci qualche giorno fa, rispondendo ad un senatore, ha utilizzato uno studio della sua equipe sull'immunità crociata tra Sars- CoV- 2 ed altri coronavirus. Si è trattata di una grande soddisfazione? E cosa evidenzia la vostra ricerca?

In realtà non è uno studio della mia equipe, ma di quelle di due cari amici e collaboratori, Shane Crotty e Alex Sette. Lo studio mostrato da Tony, che risale a circa due mesi fa e che è stato poi confermato  indipendentemente da altri quattro laboratori, indica che molte persone hanno una immunità contro Sars-CoV-2 pur non avendo mai incontrato questo virus in precedenza. Questo può spiegare, almeno in parte, il misterioso ma innegabile fenomeno della "materia oscura immunologica", descritto da Karl Friston, secondo cui il numero delle persone realmente suscettibili a Covid-19 è molto minore di quanto non si pensi basandosi solo sulla presenza di anticorpi.

Come giudica la gestione dell'emergenza da parte del Presidente Trump?

Beh, praticamente non c'è stata gestione da parte di Trump, che come sempre ha cambiato idea ogni tre giorni, e non ha mai elaborato una strategia anti-Covid-19 degna di questo nome, cioè che andasse al di là delle tattiche elettorali per rivincere le elezioni presidenziali di novembre. A parte la non-strategia di Trump, credo che la crisi di Covid-19 abbia rivelato e accentuato le forze e le debolezze della sanità americana, che vive di grandi eccellenze ospedaliere e tecnologiche in un panorama generale poco coordinato e non abbastanza attento alle fasce più deboli.

In questi mesi cosa abbiamo imparato su questo virus?

Abbiamo imparato moltissimo sul virus, sulla risposta immunitaria all'infezione, sulla malattia, sulla trasmissione e tantissime altre cose. La scienza ha fatto uno sforzo straordinario contro questa malattia, e i risultati aumentano ogni giorno, in modo tumultuoso. È questa la base per il famoso concetto di "ottimismo che viene dalla conoscenza", che cerchiamo di trasmettere ai nostri lettori nella pagina Facebook "Pillole di Ottimismo", che invito tutti a seguire. È questo l'ottimismo della scienza, a cui come ricercatori non potremmo non credere. Infatti, chi sbeffeggia questo ottimismo non fa sfoggio di realismo o di prudenza, ma esprime invece una profonda negazione del valore della scienza come strumento per generare conoscenza e migliorare la qualità di vita dei nostri simili.

Dal punto di vista della comunicazione scientifica invece? Gli scienziati hanno commesso degli errori - penso alle accuse di qualcuno sulla sovraesposizione mediatica?

Errori ne abbiamo commessi tanti, io per primo. Ma c'è una responsabilità sociale legata al fornire informazione su un virus o su una malattia da parte di chi è competente. Perché se stiamo zitti noi (e parlo di Burioni, Crisanti, Clementi, Galli, Capua, Viola etc), poi chi va parlare di queste cose al pubblico? Gente che non ha mai lavorato su un virus un giorno in vita sua? Io francamente non credo alla favoletta per cui chi non ha mai fatto uno studio o pubblicato un articolo scientifico su un certo argomento, poi per qualche magico motivo ne possa parlare meglio di chi a studiare certe cose ha dedicato la vita. Vuole aggiungere altro che ritiene importante? 

Rimaniamo ottimisti, perché abbiamo uno strumento, la scienza, con cui generare dati, concetti e tecnologie - tra cui nuovi strumenti diagnostici, nuove terapie, anticorpi, vaccini, etc - che presto ci faranno vincere la battaglia contro Covid-19.