Come giudica l’approvazione del Recovery Fund dopo cinque giorni di negoziato? È certamente un avvenimento storico perché parliamo di 750 miliardi di euro di fondi raccolti grazie a emissioni di obbligazioni da parte della Commissione europea, e quindi sottoscritti con un tasso di credibilità maggiore, e conseguentemente con tassi minori, ad esempio, rispetto ai Btp italiani. Inoltre, i fondi saranno distribuiti in base agli effetti nefasti del Sars-Cov-2 sui singoli Paesi e quindi l’Italia otterrà una parte cospicua. Sottolineo che i 127 miliardi di prestiti sono a tassi molto bassi, necessari alla restituzione dei soldi agli investitori stranieri, ma diluiti in un periodo molto lungo, dal 2026 al 2056.La condizione è che dobbiamo presentare dei piani di spesa coerenti con il quadro generale europeo che sappiamo essere orientato alla transizione ecologica, all’inclusione sociale e alla digitalizzazione: va da sé che i soldi arriveranno in tranche condizionatamente all’approvazione di questi progetti di spesa. Questo non è un limite ma un vantaggio per i cittadini perché è la garanzia che politici saranno chiamati a una prova di responsabilità nel mantenimento degli obiettivi prefissati. Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha parlato però di “resa incondizionata all’Europa e di Mega Mes”. È d’accordo?   Vedendo la tradizione della politica italiana e la serietà media delle istituzioni europee e dei suoi investimenti il fatto che si debba rendere conto di come questi soldi verranno spesi è per me un simbolo di garanzia contro i rischi di malversazione. Trovo il recvery Fund un grande affare, così come il Mes. Il motivo per cui non lo utilizziamo è che per una parte delle forze politiche il fondo salva stati evoca un passato certamente non glorioso dell’Unione. Ma l’Ue è cambiata e il Mes di oggi non ha niente a che fare con quello di allora. Dal punto di vista della transizione ambientale, come ritiene opportuno spendere i soldi che arriveranno dall’Ue?  Abbiamo bisogno di accelerare la transizione sulla mobilità sostenibile e una parte delle risorse potrebbero andare sul passaggio da motori più inquinanti a quelli di ultima generazione, attraverso incentivi più generosi all’acquisto di auto elettriche e alla rottamazione di quelle più inquinanti. Un’altra partita importante è quella degli ecobonus per la ripartenza del settore edilizio volta a efficientamento energetico. Molto importante sostenere innovazione nell’economia circolare perché è il futuro ma è un settore ancora ad alto rischio e sarebbe ideale costruire authority regionale che diventino attori nel settore aiutando ad innovare gli investitori come in Olanda. Poco fa faceva riferimento a un’Unione europea diversa rispetto a quella di qualche anno fa. In cosa è cambiata?  Questo accordo è la dimostrazione dei passi in avanti fatti nel processo di crescita dell’Unione. Non si sottolinea abbastanza il fatto che siamo di fronte a una grande innovazione, cioè la capacità impositiva dell’Ue attraverso border tax e web tax che portano le risorse necessarie a finanziare la parte a fondo perduto del Recovery Fund. L’idea della border tax è stata avanzata da Ursula von der Leyen ma molti economisti, tra cui il sottoscritto, la sostengono da tempo: l’Ue deve difendere il suo modello di welfare facendo pagare la cosiddetta iva maggiorata alle aziende che decidono di spostare altrove la propria produzione facendo dumping e giocando alribasso sulla dignità del lavoro, sulla tutela dell’ambiente e sugli obblighi fiscali. È un progetto di cui c’è bisogno per tenere in piedi l’intero sistema di risposta all’emergenza coronavirus. Ritiene soddisfacente l’accordo trovato dal presidente del Consiglio?  Purtroppo, ogni accordo si ottiene sempre al ribasso e quindi il segreto è partire alti perché si sa che si dovrà arrivare a un punto di mezzo. Conte è stato tenace e ha combattuto il più possibile ma il risultato di una trattativa dipende anche dal punto di vista degli altri. Portiamo a casa il vantaggio che non ci saranno singoli paesi che potranno bloccare il percorso, ma ci sarà bisogno della maggioranza qualificata. Romano Prodi ha detto che il problema è il potere dei piccoli paesi che, grazie all’obbligo di unanimità, possono bloccare l’intero processo comunitario. Ha ragione? Sì, ma cambiare i regolamenti per impedire l’obbligo di unanimità nel Consiglio europeo significherebbe un ulteriore perdita di sovranità dei singoli Stati membri. Temo che molti non sarebbero d’accordo.