Chi sperava in un processo rapido a carico di Luca Palamara sarà rimasto deluso. La sezione disciplinare del Csm ha fissato un calendario d’udienza fino a fine anno. Ad annunciarlo è stato il laico Emanuele Basile ( eletto in quota Lega) che, in sostituzione di Fulvio Gigliotti ( indicato dal M5s), ieri pomerigio ha presieduto il collegio disciplinare. Oltre all’indicazione del cronoprogramma, la prima udienza del procedimento a carico dell’ex presidente Anm, dell’ex leader di Magistratura indipendente, ora deputato di Italia viva, Cosimo Ferri, e dei cinque ex consiglieri del Csm Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Paolo Criscuoli, Luigi Spina e Gianluigi Morlini, si è svolta secondo le previsioni della vigilia. È stato infatti accolto il legittimo impedimento del consigliere di Cassazione Stefano Guizzi, difensore di Palamara, che da tempo aveva comunicato di avere una concomitante udienza a piazza Cavour.

Tutto rinviato a dopo l’estate: il prossimo appuntamento è il 15 settembre, per la decisione sull’ammissione dei testi ( sono 133 quelli richiesti dall’ex leader dell’Anm) e sulle istanze di ricusazione dei componenti del collegio, ad iniziare da Piercamillo Davigo, presentate da Palamara, che lo ha citato come testimone, e da Ferri. L’ex pm di Mani pulite, in particolare, all’inizio dello scorso anno aveva incontrato, insieme a Sebastiano Ardita, altro consigliere Csm eletto con la stessa corrente, Autonomia e Indipendenza, l’ex pm romano Stefano Fava. Durante quest’incontro si discusse di una possibile candidatura del magistrato alle elezioni per il rinnovo dell’Anm, dell’esistenza di “divergenze di vedute” all’interno della Procura di Roma, di “possibili conflitti di interesse”, evidenziati da Fava, “tra il procuratore ( Giuseppe Pignatone, ndr) ed alcuni indagati”. Tutto materiale che poi confluì nell’esposto di Fava e che, secondo l’accusa della Procura generale della Cassazione, faceva parte del disegno di Palamara per screditare l’aggiunto della Capitale Paolo Ielo e lo stesso Pignatone. La circostanza dunque, renderebbe secondo Palamara incompatibile la presenza di Davigo nel collegio per il doppio ruolo di giudice e testimone. Ma per Davigo, che ha deciso di non astenersi, quel colloquio non ha alcuna rilevanza poiché durante l’incontro, a differenza di Ardita, parlò di altre questioni.

Tornando alle accuse della Procura generale, ieri rappresentata dall’avvocato dello Stato, Pietro Gaeta, gli incolpati pianificarono attività per screditare alcuni magistrati e condizionare la nomina dei capi delle Procure.

Il tutto sarebbe avvenuto la sera del 9 maggio 2019 alla presenza dell’ex ministro dello Sport Luca Lotti ( Pd), imputato a Roma nell’ambito dell’indagine Consip. Palamara ha sempre affermato che si trattò di una normale interlocuzione fra esponenti di gruppi associativi e politici su alcune nomine, una prassi consolidata nel tempo.

In un editoriale ieri sul Fatto quotidiano, l’ex procuratore di Palermo e Torino Giancarlo Caselli, ha ricordato che prima del caso Palamara si erano registrati altri episodi “sconcertanti” che avevano interessato il Csm, Caselli a tal proposito ha citato un episodio accaduto circa quarant’anni fa e che riguardava l’allora segretario di Magistratura indipendente, Stefano Pone, presente negli elenchi di Castiglion Fibocchi. “Il programma della loggia P2 - sciolta per legge nel 1982 - parlava di ' una forza interna alla magistratura ( la corrente di Magistratura indipendente)'”, scrive Caselli, aggiungendo, riportando passi delle sentenze, che nel piano di Gelli si sosteneva “che un raccordo sul piano morale e programmatico insieme a concreti aiuti materiali avrebbe assicurato un prezioso strumento già operativo all’interno del corpo”. Proprio per l'adesione alla P2 e i finanziamenti ricevuti, il Csm “intervenendo responsabilmente” aveva radiato dall'ordine giudiziario, nel 1983, Pone. Un richiamo alla P2 era stato fatto lo scorso giugno anche dal togato Giuseppe Cascini all’indomani della pubblicazione dei colloqui di Palamara e dei consiglieri del Csm sui giornali.

“Mi” è il gruppo più rappresentato nel collegio disciplinare. Due i componenti, che diventerebbero tre se dovesse essere accolta la ricusazione di Davigo. Circostanze che accrescono in modo spasmodico la tensione.