Bisogna intervenire sulle regole organizzative, prima che sui riti, mantenendo come principio irremovibile il diritto alla difesa. Approfittando di ciò che la crisi ha insegnato, mettendo a nudo tutta la farraginosità della macchina giudiziaria, intrappolata in regole che non le hanno consentito di affrontare l’emergenza, mettendo in discussione i diritti, soprattutto dei più deboli. E la richiesta del Consiglio nazionale forense, che martedì ha partecipato al tavolo tecnico con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sulla riforma del processo civile, è chiara: accogliere l’invito dell’Unione europea e pensare ad una vera e propria ristrutturazione della Giustizia, in linea con gli input che arrivano da Bruxelles per l’erogazione del Recovery Fund.

Un invito raccolto da Bonafede, che facendo il punto sulla riforma con l’avvocatura ha aperto alla possibilità di rinunciare a riforme a costo zero, manifestando l’intenzione, soprattutto, di riformare il processo “sfruttando” le competenze di avvocati e magistrati. E su questo il Cnf si è dimostrato pronto, sottolineando come «il Consiglio nazionale forense, già a inizio giugno, aveva assunto una delibera con la quale si impegnava a farsi promotore di un progetto strutturale per la modernizzazione della Giustizia in linea con gli obiettivi indicati dalla Ue». Insomma, i tempi per rivoluzionare la macchina giudiziaria sono maturi e questa volta si farà con l’apporto tecnico dell’avvocatura. Che ha le idee chiare, come dimostrato durante l’incontro di martedì, faccia a faccia che verrà replicato per la riforma del processo penale. Il summit, in realtà, avrebbe dovuto tenersi ieri ma è stato rinviato per via degli impegni del ministro col Governo.

«La riproposizione dei temi afferenti ai progetti di riforma del processo civile e penale non può non considerare aspetti e problematiche emersi in tutta evidenza in occasione dell’emergenza sanitaria, i cui effetti ancora incidono sulla tutela inadeguata dei diritti e della giustizia - ha dichiarato Maria Masi, presidente facente funzioni del Cnf -. L’obiettivo perseguito e non più trascurabile del recupero dell’efficienza della giustizia civile invoca la necessità di dover intervenire sulle regole organizzative ancor prima che su quelle dei riti. È, inoltre, doveroso sottolineare come per il Cnf e l’avvocatura tutta, il recupero dell’efficienza del processo non debba e non possa tradursi in un affievolimento della effettività delle tutele e del diritto di difesa, servizio essenziale e costituzionalmente garantito ai cittadini».

La legge delega sul processo civile è attualmente ferma in Commissione Giustizia e sul testo l’avvocatura aveva già espresso le proprie perplessità, condividendo soltanto alcuni dei punti messi nero su bianco dal Governo. «Sul dl, già calendarizzato – ha spiegato Masi -, il Cnf aveva avuto modo di condividere osservazioni e proposte come l’attenzione agli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, la semplificazione dei provvedimenti relativi all’improcedibilità e all’estinzione in appello e l’abrogazione del cosiddetto filtro. Restano le perplessità su alcuni aspetti del progetto di riforma, dalla previsione di un unico rito “ordinario” davanti al tribunale in composizione monocratica, in quanto soluzione non idonea ad incidere sui tempi di durata del processo e potenziale rischio di compressione degli spazi di garanzia difensiva, al riferimento alla riforma dei procedimenti in camera di consiglio relativa alla sola composizione del tribunale in un settore che andrebbe, al contrario, seriamente rivisto in base all’effettiva natura». Ma dall’incontro l’avvocatura è andata via portando a casa un cauto ottimismo. A confortare, ha spiegato ancora Masi, sono le parole del ministro, che ha garantito, appunto, «la volontà politica del Governo di condividere con avvocati e magistrati la realizzazione di proposte tecniche dirette ad una più ampia riforma della giustizia come richiesto da Bruxelles».

Un cauto ottimismo condiviso dall’Unione nazionale delle Camere civili che, come anticipato ieri dal Dubbio, ha formulato le sue osservazioni, in attesa di elaborare il dossier da consegnare al ministro: «occorrono interventi sulla organizzazione e, soprattutto, sulla capacità di organizzare - ha evidenziato il presidente dell’Uncc, Antonio De Notaristefani -, occorrono modifiche dell’ordinamento giudiziario, valorizzando il merito, non i vincoli di affiliazione, occorrono incentivi per i comportamenti virtuosi di tutti i protagonisti del processo, giudici ed avvocati. Sanzioni, anche, se necessario: per qualsiasi abuso, non solo per il mancato rispetto dei termini». Insomma, «un piano straordinario per la Giustizia».

Purché, appunto, sia fatto di investimenti, altrimenti, ha concluso De Notaristefani, «fissateli come vi pare i termini per il deposito delle memorie o continuate a discutere per stabilire a chi bisogna dare gli incarichi di mediazione per lo scioglimento delle comunioni. Noi faremo il nostro dovere, continuando a dare il nostro contributo tecnico, e tutti insieme proseguiremo a ballare sui ponti del Titanic» .