«Il procuratore generale egiziano ha assicurato che, sulla base del principio di reciprocità, le richieste avanzate dalla procura di Roma sono allo studio per la formulazione delle relative risposte alla luce della legislazione egiziana vigente». È quanto si legge in una nota della Procura di Roma al termine del vertice durato circa unora, tenutosi in videoconferenza, tra magistrati italiani e quelli egiziani sullinchiesta per lomicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso nel 2016 in Egitto. Il riferimento è alla rogatoria inviata dai pm di Roma il 28 aprile dello scorso anno. Il procuratore di Roma, Michele Prestipino, ha «insistito sulla necessità di avere riscontro concreto, in tempi brevi, alla rogatoria ed in particolare in ordine allelezione di domicilio da parte degli indagati, alla presenza e alle dichiarazioni rese da uno degli indagati in Kenya nellagosto del 2017». Dal canto suo,  il Procuratore egiziano Hamada Elsawy «ha formulato alcune richieste investigative finalizzate a meglio delineare lattività di Giulio Regeni in Egitto». Nel corso del suo intervento, il procuratore generale egiziano ha ribadito la ferma volontà del suo Paese e del suo ufficio di arrivare a individuare i responsabili dei fatti e per questo ha affermato che lincontro ha costituito «un passo decisivo nello sviluppo dei rapporti di collaborazione, con lauspicio di raccoglierne esiti fruttuosi». Ma l'esito dell'incontro ha lasciato del tutto insoddisfatti i genitori del giovane, secondo cui  «è evidente che lincontro virtuale di oggi con la procura egiziana è stato fallimentare», affermano in una nota Paola e Claudio Regeni  e l'avvocato Alessandra Ballerini. «Gli egiziani non hanno fornito una sola risposta alla rogatoria italiana sebbene siano passati ormai 14 mesi dalle richieste dei nostri magistrati. E addirittura si sono permessi di formulare istanze investigative sullattività di Giulio in Egitto. Istanze che oggi - prosegue la nota -, dopo quattro anni e mezzo dalla sua uccisione, senza che nessuna indagine sugli assassini e sui loro mandanti sia stata seriamente svolta al Cairo, suona offensiva e provocatoria». Nonostante le continue promesse, prosegue la nota, «non cè stata da parte egiziana nessuna reale collaborazione. Solo depistaggi,silenzi, bugie ed estenuanti rinvii». «Il tempo della pazienza e della fiducia è ormai scaduto. Chi sosteneva che la migliore strategia nei confronti degli egiziani per ottenere verità fosse quella della condiscendenza, chi pensava che fare affari, vendere armi e navi di guerra,stringere mani e guardare negli occhi gli interlocutori egiziani fosse funzionale ad ottenere collaborazione giudiziaria, oggi sa di aver fallito», aggiungono i genitori del ricercatore e il loro avvocato. «Richiamare lambasciatore oggi è lunica strada percorribile. Non solo per ottenere giustizia per Giulio e tutti gli altri Giulio, ma per salvare la dignità del nostro paese e di chi lo governa», conclude la nota.