Negli ultimi anni sono aumentate l’età media delle pene, aumenta l’età media della popolazione detenuta stessa e di conseguenza abbiamo triplicato, rispetto al 2005 (il primo dato disponibile sul sito del ministero della Giustizia), la popolazione ultra 70enne. Al 2019, infatti, risultano 986 persone anziane dove non mancano detenuti che hanno raggiunto la soglia dei 90 anni, soprattutto gli ergastolani che sono al 41 bis.Sì, anziani con le ovvie patologie legate alla loro età, compreso i tumori. Quella popolazione più vulnerabile ai tempi della piena emergenza coronavirus dove il Dap non ha potuto fare a meno di inviare quella famosa circolare che aveva come nobile obiettivo di tutelare la salute delle persone detenute, conscio che le carceri avrebbero potuto fare la fine delle Rsa dove il Covid 19 ha fatto una strage di anziani. Il Dap risultò “colpevole” di aver richiesto a tutti gli istituti penitenziari una lista di detenuti anziani e con patologie importanti, più esposti ai rischi di contagio da Covid-19, a prescindere dalla loro posizione giuridica e dal circuito penitenziario di appartenenza. Forse fu l’unica cosa di buon senso che l’amministrazione penitenziaria riuscì a fare e fu colpita mediaticamente per questo, tanto che ancora oggi la commissione nazionale Antimafia sta compiendo una indagine conoscitiva.

Quei novantenni in carcere

Ma ritorniamo agli anziani, soprattutto dopo il caso di Emilio Fede, quasi 90enne, che è stato arrestato mentre era a festeggiare in una pizzeria il suo compleanno, reo di non aver atteso la notifica della liberazione anticipata che gli era stata comunque concessa. Il consigliere regionale del Lazio di +Europa Alessandro Capriccioli, commentando la notizia su Facebook, ha detto: «So cosa state pensando: ci sono tanti anziani in carcere e nessuno se li fila, ma adesso che hanno arrestato Emilio Fede al ristorante tutti si indignano. Senonché, io in carcere ci vado spesso. E alcuni di quegli anziani li ho conosciuti. Ci ho parlato. Ho visto gli altri detenuti far loro da badanti, perché di badanti, non di agenti della penitenziaria, avevano bisogno». Capriccioli poi ha aggiunto: «Lasciatevelo dire da uno che quegli anziani, quando gli capita, se li fila: fare i benaltristi, dicendo che prima di indignarsi per l'arresto di Emilio Fede bisognerebbe farlo per gli anziani meno famosi di lui che stanno dentro da chissà quanto, equivale a non fare nulla. Né per l'uno né per gli altri». Il nostro ordinamento penitenziario contiene l’art. 47 ter, comma 1, il quale prevede che la pena detentiva inflitta ad una persona che abbia compiuto i settanta anni di età «può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza». Questa ipotesi di detenzione domiciliare ha una finalità umanitaria dettata dalla circostanza che il superamento di una certa soglia di età comporta delle difficoltà maggiori per chi si trova in carcere. Però non vale per tutti. Ci sono gli anziani senza fissa dimora e senza alcuna struttura pronto ad accoglierli, oppure ci sono anziani con i reati cosiddetti “ostativi”. Si può pensare che siano tutti mafiosi, ma anche questo non è vero.

La storia di Gino Baccani, l'82 enne recluso a Rebibbia

Due anni fa Il Dubbio si è occupato del caso di Gino Baccani, oggi 82enne, recluso al carcere di Rebibbia. Non è considerato socialmente pericoloso ed è stato arrestato nel 2014 per reati commessi tanti anni fa. Tutti gli operatori penitenziari, dagli educatori ai volontari che l’assistono, dicono che si è ravveduto. A dimostrarlo è anche l’ottima relazione dell’equipe di osservazione. Il signor Baccani si ritrova dentro per un cumulo di pene per due reati non mafiosi commessi a distanza di anni, traffico di sostanze stupefacenti: nel 1987 con sentenza definitiva nel 1989 e nel 2001 con sentenza definitiva emessa nel 2010. Ha così determinato una pena complessiva di 15 anni e 4 mesi di reclusione. Ma è sempre lì, in carcere, ora nel nuovo complesso di Rebibbia dove sta in una situazione di sofferenza. Storie come le sue ce ne sono tante. Ogni anziano ha storie a sé. Non sono tutti dei Totò Riina e non sono tutti come Gino Baccani. Ma è un fenomeno che dovrebbe porre interrogativi, quindi delle soluzioni senza farsi coinvolgere da chiavi di lettura dietrologica come sta accadendo oggi per bocca di personaggi auditi in commissione Antimafia. Luogo dove si evocano fantomatici papelli, mai dimostrati materialmente, ma solo per stigmatizzare le poche conquiste che rendono il nostro Paese un po’ più civile.