Dalla prefazione del libro "Dopo l'Apocalisse. Ipotesi per una rinascita" di Franco Cardini, Riccardo Nencini Editore: La Vela (Viareggio), pp. 184 "Quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà". La frase ha due secoli. È di Napoleone Bonaparte. Mandarla a memoria. Molti politologi hanno scritto che la globalizzazione è finita e che il mondo che abbiamo conosciuto è destinato a sparire. E invece la globalizzazione è un processo storico che non si interromperà. Semmai, ed è un auspicio che solo la politica potrebbe realizzare, la globalizzazione guidata e imposta da multinazionali ed alta finanza potrebbe subire uno stop. Potrebbe, ripeto, ma solo se. L'ordine geopolitico, invece, cioè il mondo che abbiamo conosciuto, non è affatto destinato a scomparire. Prevarrà di nuovo la cosiddetta "Trappola di Tucidide", formula coniata dallo storico Graham Allison: una potenza egemone reagisce con determinazione alla minaccia potenziale di un rivale in ascesa. Sparta con Atene, secoli dopo Portogallo con la Spagna, e poi Francia con gli Asburgo, Inghilterra con l'Olanda e su su fino si due conflitti mondiali e allo scontro Usa- Cina. Il mondo post apocalisse non sarà il rovescio della medaglia. La contesa tra Cina e Stati Uniti proseguirà con l'impero rosso, già in parte uscito dalla crisi pandemica, in posizione di leggero vantaggio favorito peraltro da cinque fattori: tradizione, forte patriottismo, unitarietà politica e territoriale, direzione politica efficiente e autorevole, ascesa nel campo della conoscenza (sviluppo del G5, alto numero di brevetti scientifici, buone università). Non è all'ordine del giorno una caduta repentina degli USA, nondimeno l'enorme vantaggio accumulato nel corso del '900 è in via di erosione. Si prospetta un bipolarismo economico-militare USA-Cina, la permanenza di un certo multipolarismo regionale - la Russia è destinata a giocare in questa parte del campo - e un maggiore disordine in assenza di una leadership definita, proprio come negli anni successivi alla prima guerra mondiale. Fuori dal campo di gioco il mondo  islamico, ai margini l'Europa. L'Unione Europea è alle strette. La globalizzazione ha assestato al vecchio continente il colpo finale. Ha prodotto un divario crescente tra la richiesta di protezione sociale e mantenimento degli standard di vita e ciò che i governi potevano offrire. Una forbice che potrebbe allargarsi per effetto della recessione post virus. Inoltre: prima il no Franco-olandese alla costituzione europea, poi la frattura permanente fra nord protestante e sud cattolico, infine la mancanza di un progetto di largo respiro che trasformasse l'Europa delle patrie in Stati Uniti d'Europa (un solo ministro delle finanze, un'unica politica della difesa...). Aveva ragione Ralf Dahrendorf: l'Europa deve scegliere tra valori asiatici e valori europei, se coltivare l'alleanza euroatlantica oppure giocare in ordine sparso. Ma innanzitutto deve decidere cosa essere. Formica o struzzo? Può diventare Eta Beta?Un corpo più piccolo di Cina e Usa ma un cervello più grande, creativo. Le scelte fatte finora sono figlie della paura, germinano da uno stato di necessità, dov'è il disegno politico? Servirebbero leader della statura di chi costruì il primo involucro, sessanta anni fa. Pionieri intinti nell'eresia. Dove sono?