Ora che anche la cotta del Pd va scemando, Giuseppe Conte deve contare solo sulle proprie forza e capacità. Perché il partito che l’ha portato per due volte a Palazzo Chigi, il Movimento 5 Stelle, da tempo ormai lo percepisce come un corpo estraneo. Peggio: i grillini lo vivono con fastidio. Perché se c’è un filo che riesce a tenere insieme quasi tutte le anime apparentemente inconciliabili del mondo pentastellato è proprio l’ostilità a Conte. Quasi tutte. La vecchia corrente ortodossa, quella riconducibile a Roberto Fico, rimane fedele al presidente del Consiglio, pronta a seguirlo in caso di scissione di un Movimento ormai diviso tra una minoranza “contiana” e una maggioranza “anti contiana”. La separazione è netta e non risparmia nessuno. Persino chi lavora per la comunicazione dei Gruppi viene investito dallo scontro. «Con quello non parlare, è un contiano», si è sentito dire un addetto stampa dal suo superiore che lo metteva in guardia da possibili commistioni “pericolose”.

La maggioranza grillina si sente tradita dalle fughe in avanti di Conte e corre ai ripari. E dietro ai sorrisi di circostanza, i vertici pentastellati preparano la controffessiva. Parola d’ordine: oscurare il premier. Se l’avvocato del popolo va in affanno per organizzare gli “Stati generali”, tanto da dover convocare ogni singolo ministro per spiegare le sue intenzioni, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non ci pensa due volte a lanciare la sua contro manifestazione: una kermesse alla Farnesina (con ministri, capi delegazione e imprenditori) per oscurare Conte. Ufficialmente l’appuntamento è dedicato all’export, ma l’obiettivo è di quelli ambiziosi: «Farnesina un modello per la ricostruzione», uno smacco per Palazzo Chigi.

I grillini si sentono minacciati da Conte, che secondo alcuni sondaggi svuoterebbe ulteriormente il serbatoio di voti pentastellato, in caso di competizione autonoma alle elezioni. Una fantomatica lista Conte è attualmente quotata infatti al 14,3 per cento dei consensi, molto più del gradimento pentastellato che a quel punto crollerebbe attorno al 9 per cento. E visto che un partito del premier darebbe parecchio fastidio anche al Pd, che perderebbe un possibile 5 per cento, per il M5S sarebbe più conveniente logorare l’avvocato del popolo giocando di sponda con chi si dice pronto a fargli lo sgambetto. Persino Renzi potrebbe tornare utile all’obiettivo della maggioranza pentastellata, che intanto organizza il fronte interno.

Le occasioni per creare l’incidente diplomatico, del resto, non mancano: si va dal Mes, su cui i duri e puri promettono battaglia, alla revoca delle concessioni autostradali richieste a gran voce da Alessandro Di Battista. Fino all’irritazione, trapelata ieri, alla notizia della vendita di navi da guerra all’Egitto. L’ok del governo italiano all’operazione si intreccia infatti inevitabilmente con il caso della morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano torturato e assassinato al Cairo nel 2016, su cui l’Italia continua a chiedere verità e giustizia. «Ritengo sia un fatto grave e, a nome del Movimento 5 Stelle, auspico ci sia quanto prima un ripensamento», afferma il senatore Gianluca Ferrara, capogruppo del M5S nella Commissione Affari Esteri di Palazzo Madama. «Sono persuaso che, data la tragica vicenda del nostro concittadino Regeni, non si antepongano certi interessi alla ricerca della verità. L’Egitto è un nostro partner strategico nel Mediterraneo e vogliamo rimanga tale: per questo è necessario risolvere una volta per tutte questa vicenda, per normalizzare i nostri rapporti», aggiunge il senatore. Ancora più dura è invece la deputata Yana Ehm palesando il suo disaccordo «perché stiamo parlando di un regime autoritario con sistematiche violazioni dei diritti umani, incarcerazioni arbitrarie, repressione del dissenso e persecuzione degli oppositori politici, giornalisti, sindacalisti, e difensori dei diritti umani», scrive su Facebook, ricordando anche il caso di Patrick George Zaki, lo studente dell’università di Bologna trattenuto in carcere da 4 mesi e senza processo. «L’affidabilità ed il rispetto dei diritti umani si conquistano con azioni concrete, non con accordi commerciali».

La questione rischia di diventare politica, tanto che la Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Regeni ha chiesto l’audizione del presidente del Consiglio. E senza più grandi ” copertura” del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte rischia di inciampare al primo ostacolo.