«Anche per il mese di aprile occorre garantire un beneficio per il sostegno del reddito dei liberi professionisti obbligatoriamente iscritti alle gestioni amministrate dagli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria». È questo il passaggio centrale del decreto interministeriale firmato giovedì dal ministro del Lavoro Nunzia Catalfo e dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, con il quale sono stati dunque “riammessi” i liberi professionisti - avvocati compresi - ai benefici del reddito di ultima istanza. L’esclusione era determinata da un cortocircuito interno al Dl Rilancio, ovvero dal contrasto tra l’articolo 78 e l’articolo 86, con il primo che rifinanziava la misura di marzo anche per aprile e maggio, mentre l’altro rendeva l’indennizzo già erogato incompatibile con quello dei mesi successivi. Per correggere tale errore, dunque, è stato necessario emanare il decreto interministeriale - che ha già superato il vaglio della Ragioneria dello Stato -, che destina ai liberi professionisti iscritti alle casse private 650 milioni di euro, per i mesi di maggio e aprile, fondi che andranno a coprire anche le domande rimaste scoperte nel mese di marzo.

Rimane la beffa di una somma inferiore rispetto a quella delle altre categorie produttive, 600 euro, a fronte dei mille, nonché l’esclusione dei professionisti dall’accesso al contributo a fondo perduto, in quanto, secondo Gualtieri, gli stessi non sarebbero paragonabili alle piccole e medie imprese. Ma intanto è arrivata la boccata d’ossigeno tanta attesa.

Non sarà necessario presentare alcuna domanda: l’erogazione, per chi ha già ottenuto il bonus a marzo, sarà automatica, mentre sono ammessi al beneficio nche i professionisti che si sono iscritti alle casse nel 2019 ed entro il 23 febbraio scorso, a patto di non aver superato i 35mila euro di reddito.

Catalfo, agli Stati generali delle professioni, ha annunciato anche un prossimo decreto interministeriale per il finanziamento del mese di maggio, garantendo inoltre di essere a lavoro sul decreto Rilancio per «rafforzare le misure» per le categorie ordinistiche, che sono state estromesse dalla possibilità di accedere ai contributi a fondo perduto. I criteri alla base della concessione del bonus sono sempre gli stessi: chiusura della partita Iva tra il 23 febbraio ed il 30 aprile 2020 ( il termine del precedente decreto era il 31 marzo 2020) e la riduzione o sospensione dell’attività di almeno il 33% del reddito nel primo trimestre 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, da calcolare secondo il principio di cassa come differenza tra ricavi e compensi percepiti e spese sostenute. Per quanti, invece, non avessero già beneficiato a marzo del reddito di ultima istanza, oltre a non essere titolari di pensione o di rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato i professionisti dovranno aver percepito nell’anno di imposta 2018 un reddito complessivo, assunto al lordo dei canoni di locazione, non superiore a 35.000 euro, aver subito una limitazione dell’attività a causa dei provvedimenti restrittivi emanati per l’emergenza Covid- 19, aver percepito nell’anno di imposta 2018 un reddito complessivo, assunto al lordo dei canoni di locazione, tra i 35.000 euro e 50.000 euro e abbiano cessato o ridotto o sospeso la propria attività per l’emergenza epidemiologica. In questo caso la domanda dovrà essere inviata al proprio ente previdenziale dall’ 8 giugno all’ 8 luglio.

Rimane , però, il problema di liquidità delle Casse private, che attendono ancora il rientro dei fondi anticipati per il bonus di marzo, quei 280 milioni sopra citati che andranno “coperti” con i fondi previsti dal decreto interministeriale firmato il 29 maggio. «C’è una sequenza temporale da rispettare - ha dichiarato all’Ansa Alberto Oliveti, presidente dell’Adepp, associazione degli enti di previdenza privati -. Se prima non rientrano i soldi dell’una tantum ( 280 milioni anticipati dagli Enti) le Casse non hanno liquidità disponibile a pagare i 600 euro di aprile. Men che meno quelli di maggio». Oliveti aveva anche denunciato la mancata defiscalizzazione dei benefici che le casse professionali hanno garantito agli iscritti, con un ulteriore trattamento discriminatorio rispetto alle imprese.