Sono attese per stamattina le parole del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, e le rituali raccomandazioni che accompagnano a cadenza annuale sin dai tempi di Luigi Einaudi ( che le inventó) la Relazione dell’istituto centrale italiano. Sarà una Relazione in edizione straordinaria in tempi straordinari, non solo perché per la prima volta il salone al piano 1N ( il piano nobile) di Palazzo Koch sarà aperto solo per una quarantina di persone, a termine di distanziamento da coronavirus, ma anche perché sono attese per l’appunto le parole del governatore sullo shock simmetrico che alle economie di tutto il mondo porta la pandemia, e le soluzioni che suggerisce. Il discorso viene come d’uso limato sino all’ultimo minuto, e sino all’ultimo minuto resta top secret, ma è facile prevedere quale potrà essere la parola maggiormente ricorrente: investimenti, investimenti, investimenti.

Si vedrà, ma intanto esce per i tipi di Aragno una sorta di enciclopedia dei governatori, “La Banca d’Italia e l’economia. L’analisi dei Governatori”, che si sviluppa lungo quattromila pagine in ben 6 volumi, “un oggetto mastodontico”, scherza autoironico Pierluigi Ciocca, curatore e prefatore del mastodonte assieme al giovane e brillante economista Federico Carli, che dello “smagliante” ( la definizione è di Paolo Baffi) Guido è nipote, oltre che fondatore dell’associazione di studi e ricerche a lui intitolata. Poi, quando il coronavirus lo renderà possibile, il “mastodonte” si arrampicherà sin sul Colle, per essere presentato e offerto all’attenzione di Sergio Mattarella: in fondo il Quirinale e Via Nazionale hanno avuto in comune ben due inquilini.

Proprio nella invece stringatissima “Motivazione dell’opera” ( due sole sintetiche cartelle, perché poi a Pierluigi Ciocca piace cimentarsi con lo scrivere breve) si ricorda cosa è, come è nata, a cosa serve la Banca d’Italia, e quelle smilze cartellette andrebbero forse distribuite nelle scuole italiane e agli angoli delle metropolitane: la Banca nacque nel 1893 per fronteggiare l’instabilità derivante dal crack della pontificia Banca Romana, servì a stabilizzare l’economia durante tutto il periodo giolittiano, divenne l’unica a battere moneta nel 1926, fu trasformata in istituto di diritto pubblico - impedendole di prestare danaro- dopo le crisi industriali e finanziarie degli anni Trenta, e da allora serve la nazione studiandone i meccanismi economici oltre che vigilando sul sistema finanziario.

La raccolta in una monografia di tutte le Relazioni annuali dei governatori succedutisi dal 1947 ad oggi è di straordinario interesse: si tratta a conti fatti di un monumentale affresco storico, una sorta di Cappella Sistina dell’economia e della politica - inevitabilmente- italiane, messe a fuoco nel contesto internazionale. Scorrendo le pagine, si ha riscontro dell’altissima qualità analitica ( e perfino della elevatissima qualità di scrittura) per la quale l’istituto centrale italiano è storicamente famoso ed apprezzato nel mondo, mentre come è noto in patria - specie in questi tempi di ignoranza al potere- viene spesso denigrato e additato alla pubblica opinione da chi nemmeno ne conosce storia e funzioni, travisandole abitualmente.

Ma ci sono soprattutto il profilo e le azioni di questi particolarissimi nocchieri al timone del vascello- Italia, tra incredibili e storici marosi. Da Einaudi, vero forgiatore dell’Istituto e vincitore sulla terribile inflazione post- bellica, a Menichella e fino a Draghi, passando per il quadriennio di fuoco di Paolo Baffi alle prese` con gli shock petroliferi degli anni 70 e le tensioni tra capitale e lavoro, oltre che per il sequestro Moro, vissuto ovviamente come trauma anche nelle stanze apolitiche di Via Nazionale. È negli anni di Carli che l’Italia diventa “centro manifatturiero, stabilmente inserito nelle grandi correnti di scambi internazionali”. È negli anni di Ciampi - successore abbastanza a sorpresa del dimissionario Baffiche si avvia la lotta all’inflazione, e si delinea la necessità di mutare gli equilibri strutturali.

Anni, tutti quegli anni, in cui la politica monetaria - per quanto tutti i governatori siano rimasti sostanzialmente inascoltati da politica e governi- poteva incidere profondamente, come sappiamo anche oggi dati i risolutivi interventi in favore della stabilità finanziaria che vediamo messi in campo dalla Bce. Come scrive nella prefazione Pierluigi Ciocca, sino all’introduzione dell’euro la Banca d’Italia ha adempiuto a ben tre funzioni: “politica monetaria attenta all’occupazione oltre che ai prezzi; vigilanza creditizia coordinata col governo della moneta e del sistema dei pagamenti; cura attenta per il finanziamento e il debito dello Stato”. E in piena autonomia, tanto dalla politica quanto dal mondo degli affari e delle imprese. Si tratta adesso, non per la Banca d’Italia, ma per la Bce di adeguare le strumentazioni, e simmetricamente per la Ue di dotarsi di una vera politica economica. Perché questo dice il lungo excursus nei moniti annuali dei Governatori: la sola politica monetaria non basta a tener dritta la barra di un Paese, per quanto eccellenti possano essere i nocchieri.

L’avventurosa storia della Banca d’Italia, raccontata con le parole dei suoi governatori, è la storia del Paese. Ci fosse ancora un Enzo Biagi, la ridurrebbe in fumetti. Per distribuirla ai ragazzi, nelle scuole.