Caro Forte, ho letto con molto interesse il tuo articolo di ieri sul Dubbio, di commento alla mia analisi sul risultato dell’emissione di Btp Italia emesso dal Tesoro la settimana scorsa. Mi permetto di scriverti una breve replica, nella quale spiego sia il perché sulla questione del “patriottismo” le nostre posizioni non sono poi così diverse come tu affermi, sia perché sulla questione dell’ “effetto ricchezza” che questi bond creano, invece, ritengo di avere una posizione corretta.

Per quanto riguarda l’esito estremamente positivo dell’emissione, abbiamo sostenuto esattamente quello che tu sostieni. Ovvero, gli italiani non hanno acquistato il Btp Italia per motivi “patriottici” - nonostante la propaganda sovranista per presentarlo come tale sia stata incessante e continua ma per più banali e razionali motivi di interesse di portafoglio. Le condizioni di emissione, infatti, erano estremamente allettanti, se consideriamo che la cedola offerta era dell’ 1,4% ( senza paragoni sul mercato dei sovereign bond di durata quinquennale), che il titolo è indicizzato al tasso d’infrazione e che offre un superbonus finale dell’otto per mille per chi lo detiene fino a scadenza. Inoltre, andrebbe sottolineato che il pricing del bond è stato sbagliato dal Tesoro, perché il fair price era di quasi un euro e mezzo più alto. Tanto che, ci scommettiamo, a riprova di questo, il prezzo del Btp Italia salirà subito appena negoziato sul MOT, per allinearsi subito al prezzo reale.

Da questo mispricing ne è derivato un grosso regalo fatto dal Tesoro ai traders in cerca di possibilità di arbitaggio e che subito hanno individuato l’opportunità di acquistare il bond a prezzo scontato. Un errore, voluto o meno, che costerà alle casse dello Stato centinaia di milioni di euro, oltre ai circa 2 miliardi di interessi che già dovranno essere pagati ai sottoscrittori nei prossimi cinque anni.

Ci sono, però, punti della tua analisi sui quali non sono d'accordo. Prima di tutto, è vero, come scrivi, che la detenzione di debito pubblico da parte di investitori esteri peggiora la bilancia dei pagamenti. Tuttavia, l'alternativa al debito estero, che pur viene detenuto anche per debiti pubblici più importanti del nostro, come quello degli Stati Uniti, sarebbe quella di avere un debito pubblico ' autarchico', ovvero detenuto in tutto o per la sua maggior parte dai risparmiatori italiani. E' una buona idea? Secondo me no, dal momento che questi sarebbero costretti ad acquistare ogni anno circa 400 miliardi di euro di emissioni, quelle necessarie per effettuare il roll- over del debito. Si tratta di una vera e propria autotassazione, perché l'essere costretti continuamente a rinnovare gli acquisti di titoli di Stato, rende gli stessi in portafoglio una ricchezza fittizia, impossibile da spendere, con effetti deprimenti sul sistema del credito e dell'economia reale. D'altronde, se tu citi De Viti de Marco, ti rispondo con il teorema dell'equivalenza ricardiana, il quale afferma, ma non c'è bisogno di spiegartelo, che l'indebitamento di oggi si risolvere sempre in un aumento di tasse future. Il problema non è quindi se è meglio detenere il debito pubblico a livello nazionale o meno. Il problema è semmai il debito pubblico in se stesso e il come viene utilizzato. Anche sull'idea che per il Tesoro ci sarebbero vantaggi dall'aumento di inflazione, perché questa sarebbe la conseguenza di una maggior crescita e sarebbe foriera di maggior gettito fiscale, ho qualche dubbio. Come è noto, infatti, ogni aumento di inflazione è correlato storicamente a tassi d'interesse più elevati della banca centrale e, di conseguenza, a maggiori rendimenti d'emissione dei titoli pubblici. In pratica, il costo di emissione del debito pubblico aumenta sempre in una fase inflazionistica dell'economia. Diversa cosa è, invece, far confluire i titoli di Stato in strumenti finanziari come i cosiddetti Conti Individuali di Risparmio ( CIR), con l'intento di rafforzare quel terzo pilastro della previdenza che ancora non è molto sviluppato nel nostro paese.

Infine, una considerazione sulla tua proposta di emissione di debito pubblico garantita dal patrimonio pubblico. Sono completamente d'accordo con te, per un semplice motivo. Mi permetto di ricordarti, infatti, che un ragionamento simile era quello illustrato in un articolo pubblicato dal Sole 24 Ore del 10 Agosto 2012, da me curato insieme a Paolo Romani, Luigi Casero e Guido Crosetto, in un gruppo di lavoro del quale, se ti ricordi, anche tu facevi parte. Mi permetto di riportare le conclusioni di quel documento: «La nuova strategia di politica economica non deve solo essere di ingegneria finanziaria, ma deve avere in sé tutta al forza, tutta l'etica, di un cambio di passo, di uno shock economico finanziario finalizzato alla crescita e alla credibilità della nostra finanza pubblica. Diventare europei nel debito significa diventare europei a 360 gradi. Mettere fine a un non più sopportabile compromesso consociativo che dal dopoguerra ha soffocato e soffoca il nostro Paese». Lasciamo perdere l'oro alla patria e facciamo le riforme, a partire da quella del nostro debito pubblico. Saremo ancora una volta insieme.