"Signor Ministro, Signor Vicepresidente, l’Unione delle Camere Penali Italiane sta rilevando un’applicazione illogica e dannosa della recente norma che consente ai capi degli uffici giudiziari l’adozione di Linee Guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, al fine di contemperare le esigenze di contenimento dell’epidemia con l’amministrazione della giustizia". Inizia così la lunga lettera che presiedente delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza e il segretario Eriberto Rosso, hanno inviato al ministro della Giustizia Bonafede. "In particolare, a fronte di Linee Guida molto differenziate sul territorio nazionale e comunque spesso animate da un intento propositivo, si deve tuttavia segnalare come dalla loro applicazione emerga, oltre ad una eccessiva discrezionalità per il singolo giudice, la diffusione del convincimento e comunque la pratica di ritenere tale periodo di tempo di oltre due mesi e mezzo come se fosse caratterizzato da una ulteriore sospensione della celebrazione delle udienze, con rinvii sistematici e cumulativi dei processi penali anche all’anno 2021" "Si tratta di decisioni, a volte di singoli giudici ed altre conformi alle linee guida del proprio ufficio giudiziario, che stanno generando fenomeni di pressoché totale stasi della giustizia penale fino al 31 luglio, quando poi subentreranno le ferie estive, quest’anno di palese inopportunità: insomma, altri tre mesi e mezzo di inattività processuale dopo due mesi di sospensione dei termini e blocco totale. Si tratta, peraltro, di scelte del tutto illogiche e illegittime perché assunte in palese controtendenza rispetto alla evoluzione del fenomeno epidemico ed in contrasto frontale con tutti ì provvedimenti che si stanno progressivamente adottando per la ripresa delle attività produttive e di servizio nel Paese, non più solo quelle essenziali, con la previsione di cautele che, non si comprende per quale ragione, solo nei tribunali non vengono ritenute adeguate". "Debbono anche essere registrate situazioni paradossali per cui non si celebrano processi, con rinvii a lunga distanza, in aree geografiche che da settimane non registrano più contagi, mentre a Milano, dove l’epidemia sta ancora provocando dolorose conseguenze, il Presidente del Tribunale ha emesso linee guida che, dopo aver rilevato che il periodo 12 maggio – 31 luglio è “di non modesta lunghezza e destinato presumibilmente a vedere un mutamento anche della situazione emergenziale sanitaria”, dispongono che “A far data dal 12 maggio 2020 potranno essere celebrate udienze dibattimentali anche per processi non compresi nella ricordata tipologia a ‘trattazione necessaria’ prevista dall’art. 83”, indicando modalità organizzative ed esecutive quali, oltre alle cautele ormai diffuse ovunque (distanziamento e dispositivi di protezione individuale), il numero di udienze ridotto, l’orario fino alle 18,00, le citazioni per fasce orarie, l’utilizzo della PEC anche per la difesa (tranne che per le impugnazioni) e soprattutto prevedendo che, in caso di rinvio, esso dovrà avvenire “con scansioni temporali di 15 giorni (dal 12 maggio al 30 maggio, dal 1 al 15 giugno, dal 16 al 30 giugno…); ciò per agevolare l’operatività di eventuali provvedimenti di revoca della sospensione delle udienze, in ragione di possibili e diverse determinazioni da parte dell’autorità sanitaria sull’evoluzione della pandemia, che consentano una ripresa più intensa dell’attività giudiziaria”.Certamente è anche necessario un “aumento della collaborazione del personale in presenza”, che la pratica dei rinvii lunghi e sistematici non favorisce, prolungando una condizione di smart working che è “condizionato – oltre che dalla disponibilità di efficaci strumenti informatici – dal fatto che il personale … non ha accesso ai registri di cognizione civile e penale”, il che è come dire che si trova in uno stato di sostanziale inattività a casa, mentre il personale di tutte le pubbliche amministrazioni sta rientrando al lavoro" "Dunque - concludono i penalisti" questa diffusa tendenza ad evitare e comunque contrastare la ripresa dell’attività processuale, mediante lunghi e sistematici rinvii delle udienze, provoca un danno irreparabile alla amministrazione della giustizia, le cui aule sono sempre più ingiustificatamente vuote. L’Unione delle Camere Penali Italiane, che interpreta la funzione difensiva come essenziale servizio per i cittadini a tutela dei loro diritti, chiede che le Autorità in indirizzo, ognuna per la Loro funzione e responsabilità istituzionale, intervengano in modo immediato ed efficace per porre termine alla situazione illustrata, mediante l’adozione di iniziative finalizzate a garantire il ritorno al lavoro, sicuro ma effettivo, dei magistrati e di tutto il personale dell’amministrazione giudiziaria, nonché per assicurare l’applicazione di criteri logici ed efficienti, che tengano conto della situazione generale (e localmente anche particolare) per la fissazione ed i rinvii delle udienze penali"