Nei laboratori di Reithera situati nel Tecnopolo alle porte sud di Roma, precisamente a Castel Romano, un team di giovani scienziati è entrato in corsa per la creazione di un vaccino contro il Covid- 19. Il gruppo è leader di un consorzio europeo costituito con la tedesca Leukocare di Monaco e Univercells di Bruxelles. Stefano Colloca è responsabile dello sviluppo tecnologico di Reithera, con decenni di esperienza alle spalle nella ricerca e sviluppo dei virus genetici, con pubblicazioni su Nature Medicine e England Journal of Medicine, e inventore, in collaborazione con il National Institutes of Health americano, del brevetto del vaccino contro Ebola, quando l'azienda si chiamava Okairos.

Come nasce l'idea del consorzio europeo?

Abbiamo una lunga esperienza nei vaccini di nuova generazione, ossia i vaccini genetici. Tuttavia non eravamo ancora pronti alla produzione del vaccino in milioni di dosi per fronteggiare la pandemia. Il consorzio nasce quindi per accelerare lo sviluppo del vaccino incrementando i livelli di produzione e per consentire una stabilizzazione e conservazione del vaccino per lunghi periodi di tempo ad una normale temperatura di frigorifero cioè a 4 gradi.

Può spiegare qualche dettaglio del vaccino?

Noi utilizziamo il gene della superficie del coronavirus, della proteina Spike: essa è stata inserita in un veicolo, un adenovirus di scimmia, che non provoca nessuna malattia e non si replica, ma è in grado di entrare nelle cellule muscolari. Iniettando il vaccino per via intramuscolare, il vettore veicola il gene della proteina Spike e permette la produzione della stessa all'interno della cellula. La proteina Spike del coronavirus viene quindi esposta al sistema immunitario che la riconosce e sviluppa una risposta che difenderà il soggetto vaccinato nel momento in cui entra in contatto col virus.

Sono state compiute le due fasi di sperimentazione in vitro e su animali ?

Abbiamo cominciato la sperimentazione preclinica su topi, per valutare l'immunogenicità a diverse dosi, ossia la capacità posseduta dal vaccino di indurre una risposta immunitaria. Al momento abbiamo sviluppato diversi candidati che stiamo valutando nel topo. Questa fase andrà avanti fino a circa fine maggio.

Successivamente?

Prevediamo uno studio cosiddetto di challenge negli Stati Uniti: la sperimentazione su un altro modello animale, i macachi molto probabilmente, a cui verrà inoculata una dose di coronavirus, avendo prima ricevuto il vaccino. Ciò serve a valutare sia la tossicità che l’efficacia del vaccino, e verrà condotto in parallelo alla fase di sperimentazione clinica sull'uomo.

Se tutto andasse per il meglio, si passerebbe dunque alla sperimentazione sull'uomo?

Sì, dovrebbe iniziare a luglio in Italia. I soggetti saranno volontari e saranno reclutati dagli ospedali che condurranno la sperimentazione clinica di fase I. Questo studio è destinato a valutare la sicurezza e la capacità del vaccino di stimolare una risposta immunitaria contro il coronavirus.

Quando si potrebbe accedere al vaccino in scala mondiale?

C'è una corsa a fare presto; quello che servirà accelerare molto è l'approvazione del vaccino. Normalmente un vaccino ha un iter dalla fase 1 all'approvazione che può superare i quindici anni. Un vaccino che ha ottenuto in tempi record l'approvazione è stato quello contro ebola della Merck per il quale sono stati necessari cinque anni. Qui ci auguriamo di impiegare un anno.

Ce la faremo?

Occorre fare una valutazione rischi benefici. Se la pandemia continua a mettere in pericolo milioni di persone continuando a fare il giro del mondo dovremmo considerare che immunizzare una popolazione non ancora esposta al coronavirus con un vaccino relativamente poco studiato è un rischio che potrebbe valere la pena di correre.