«Ciascuno deve fare la propria parte. Serve un sano pragmatismo». Il presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi non si sottrae alle questioni poste dagli avvocati amministrativisti. Qualche sacrificio sugli equilibri del processo, nel dramma dell’emergenza, è «indubbio», spiega il verti- ce di Palazzo Spada. Che però chiede di tenere conto anche della continuità assicurata, da Consiglio di Stato e Tar, alla tutela dei diritti.

Lo fa in coincidenza con il passaggio a una fase diversa, per la giustizia amministrativa, che proprio da oggi, e fino al 3 maggio, vedrà sospesi solo i termini per proporre ricorsi non cautelari. «Con la possibilità di presentare note ulteriori due giorni prima dell’udienza è stato individuato un punto di equilibrio», osserva Patroni Griffi. Certo la cornice ideale vorrebbe un processo amministrativo in cui il difensore possa partecipare all’udienza direttamente, seppure da remoto, con i mezzi con cui ormai si svolge la gran parte delle attività. «Stiamo studiando come rendere possibile tale discussione da remoto, ma servirebbe una legge che ci consenta di adottare direttamente tali regole tecniche, senza bisogno di un regolamento del presidente del Consiglio». Senza una simile copertura formale, aggiunge Filippo Patroni Griffi, «diventa più complicato aprire le udienze agli avvocati che ne facciano richiesta».

La giustizia amministrativa dimostra di essere più padrona della tecnologia rispetto ad altri campi della giurisdizione, per esempio rispetto al settore penale, dove al contrario l’uso della telematica viene sperimentato con conseguenze spesso infelici solo in questo drammatico periodo.

È vero. La giustizia amministrativa, grazie al buon uso degli strumenti telematici e al “Pat”, nella prima fase del periodo emergenziale ha dato prova di funzionamento e di rapidità. I Tar hanno emanato 2.347 provvedimenti cautelari monocratici e il Consiglio di Stato 484. Tra questi anche una ventina di decisioni immediate su atti collegati all’emergenza da Covid19. E da oggi riprendono anche le udienze collegiali. Non possiamo essere paragonati alla giustizia penale, ma nemmeno a quella civile, dove le udienze istruttorie con testi sono la regola. In Cassazione, inoltre, la discussione orale è limitata a pochi casi. L’allarme sul rischio dell’allungamento abnorme dei tempi dei processi, a causa della sospensione delle udienze, è stato lanciato anche dal presidente dell’Unione Camere civili. Noi questo dobbiamo evitarlo, cercando un punto di equilibrio che metta al primo posto le aspettative dei cittadini che chiedono giustizia. Siamo “favoriti” da due circostanze: oltre il 60 per cento dei ricorsi, con punte dell’ 80 per cento per gli appalti, contiene una istanza cautelare, che va comunque trattata essendo attività indifferibile; in secondo luogo, il nostro processo è fisiologicamente basato sugli scritti.

Ma per l’avvocatura amministrativistica, proprio la rigorosa efficienza di quella parte del “Pat” già pienamente in funzione ha un suo paradossale contraltare: la mancata partecipazione diretta dell’avvocato, che rischia, sostiene il Foro, di avere un peso particolarmente significativo, in un ambito in cui si garantiscono i diritti del cittadino nei confronti dell’amministrazione pubblica. È giustificata l’idea che si tratti di un deficit di tutela difficilmente sopportabile?

Proprio per “supplire” a questo “deficit” il legislatore ha individuato il punto di equilibrio E, in ultima analisi, resta ferma la facoltà di accordare un rinvio per cause particolarmente complesse; rinvio, è bene chiarirlo, che comunque non potrà comportare lo stravolgimento dei ruoli già pieni, con udienze già fissate da tempo. Sarebbe facile sospendere tutto ad oltranza. Se vogliamo però, con sano pragmatismo e qualche indubbio sacrificio, individuare una via per gestire al meglio la situazione, dobbiamo anticipare la fase 2 in un settore chiave per i diritti e per l’economia del Paese La richiesta degli avvocati, peraltro non unitaria, ci è nota: vogliamo attuarla nel rispetto della sicurezza e della riservatezza dei collegamenti.

Ma qual è la ragione tecnica specifica che impedisce il collegamento dell’avvocato da remoto e che rende inevitabile un suo intervento solo scritto?

Sul collegamento da remoto ci sono varie criticità. Questa modalità porterebbe, inevitabilmente, ad una drastica riduzione degli affari da trattare, perché i tempi delle udienze da remoto sono tecnicamente più lunghi. Inoltre, tale collegamento richiede regole tecniche flessibili e modulate sul nostro processo. Abbiamo, perciò, chiesto al governo di consentirci di adottarle con un provvedimento del presidente del Consiglio di Stato, in modo simile a quanto già avviene per la giustizia contabile e civile, senza dover attendere i tempi di un regolamento del presidente del Consiglio. Chiaramente, se l’emergenza dovesse perdurare, servirà trovare il modo di aprire le udienze anche agli avvocati che ne facciano richiesta.

Crede che sia necessario ed eventualmente possibile ottenere dal governo una norma di interpretazione autentica di quanto disposto dal decreto 23, in cui si precisi che la sospensione dei termini conservata fino al 3 maggio riguarda, oltre che la proposizione di ricorsi non cautelari, anche impugnazioni, motivi aggiunti e ricorsi incidentali?

Non credo ce ne sia bisogno. Come chiarito anche nella relazione di accompagnamento al decreto, che mi sento di condividere sul piano logico- sistematico, la sospensione riguarda tutti gli atti che, a pena di decadenza, introducano il giudizio o questioni nel processo: ricorsi, anche incidentali, e motivi aggiunti; appelli; riassunzioni, revocazioni, opposizioni di terzo.

Tra i rilevi dell’avvocatura, e in particolare dell’Unaa, l’Unione nazionale avvocati amministrativisti, uno tende a proiettare una luce particolare sugli esiti delle ordinanze cautelari emesse durante l’emergenza: si ritiene che la mancata partecipazione diretta dell’avvocato abbia in più casi compromesso la possibilità di una valutazione favorevole al ricorrente, e che ne possa derivare un esito altrettanto sfavorevole anche nella successiva fase collegiale. Crede vi sia relazione fra l’assenza di immediatezza e l’esito dei ricorsi?

Le rispondo con una domanda. Perché il difensore del ricorrente dovrebbe essere più “influente” sull’esito di quello della controparte? La partecipazione o meno, sotto questo profilo, è neutra. I numeri ci dicono che la percentuale di reiezione