Tutti l’Italia sta vivendo un periodo difficile, l’epidemia ancora incombe e le restrizioni per fronteggiarla coinvolgono tutti. Ognuno è costretto a rimanere in una specie di quarantena, limitare le uscite e chiudere numerose attività. Il carcere è un luogo non impermeabile al contagio da coronavirus e bisogna limitare il più possibile le entrate. Per questo motivo è stato prorogato il divieto dei colloqui a vista con i familiari. Questo per il bene dei detenuti stessi. Il garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma, per questo motivo, ha lanciato un appello ai detenuti. «Mi rivolgo proprio a voi detenuti – spiega il Garante in un video - per dirvi che capisco la vostra contrarietà, ma vi assicuro che si stanno ampliando tutte le possibilità di comunicazione con i vostri cari, anche dotando gli istituti di telefoni cellulari disponibili, oltre che di mezzi per la comunicazione video». Palma fa anche una promessa: «Tutti noi garanti, nazionale e locali, controlleremo che queste possibilità siano effettive. E siamo disponibili a spiegare negli Istituti che questa situazione è una necessità per difendere la salute di tutti: la vostra, quella dei vostri cari e di chi in carcere lavora e anche di tutti noi».

Qualcosa si sta muovendo per garantire la possibilità di ampliare le telefonate esterne. Stanno per essere mesi a disposizione degli istituti penitenziari un totale di 3.200 apparati mobili per telefonare e videochiamare. Dopo la fornitura gratuita di 1.600 telefoni cellulari da parte di Tim, il ministero della Giustizia - Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, sta provvedendo all’acquisto di altri 1.600 telefoni mobili che i detenuti potranno utilizzare per restare in contatto con i propri cari. Si potrà fare ricorso a questi mezzi, in aggiunta a quelli già presenti negli istituti ( Skype e telefoni fissi), oltre i limiti di tempo consentito. Si tratta di iniziative adottate per far fronte all’emergenza sanitaria e alle conseguenti limitazioni previste per contenere il rischio di contagi. Fra queste anche l’utilizzo senza costi del servizio di lavanderia, la possibilità di ricevere bonifici online, l’aumento dei limiti di spesa per ciascun detenuto.

Ma le difficoltà non mancano. Rimane il discorso annoso dei colloqui al 41 bis. Essendoci il vetro divisorio, i detenuti al regime speciale sono esenti dal divieto e quindi il Dap ha autorizzato la possibilità, solo per loro, di poter ricevere le visite dai familiari. Proprio per questo motivo, sempre esclusivamente per loro, le telefonate non sono ampliate e, tanto meno, hanno diritto alle videochiamate tramite Skype. Un problema però c’è. Tutta Italia ha le restrizioni: i familiari, di fatto, non possono muoversi dal loro luogo di residenza. C’è l’avvocato del foro di Milano Eugenio Rogliano, il quale ha come assistito un detenuto recluso al 41 bis nel carcere di Opera, che ha spiegato a Il Dubbio come in realtà teoricamente si potrebbe benissimo estendere l’utilizzo di Skype anche per i reclusi al regime differenziato. «Non vi è dubbio – spiega l’avvocato - che le esigenze sottese alla ratio di imposizione del 41 bis possano essere effettivamente soddisfatte attraverso le garanzie di sicurezza e supervisione ( controllo auditivo e visivo, registrazione ed intervento immediato del Personale di Polizia Penitenziaria incaricato del controllo in caso di contingenti necessità di prevenzione) assicurate dalla legge, dalla normativa secondaria e limitatamente all’impiego della piattaforma Skype for business». L’avvocato Rogliani sottolinea che l’operatività dell’utilizzo delle tecnologie non è incompatibile con i meccanismi di controllo prescritti dalla circolare del 2017 in merito all’uniformità delle regole del 41 bis, specificamente in relazione ai colloqui visivi. «Di conseguenza – prosegue l’avvocato -, nessun concreto ostacolo si individua nell’equiparare i colloqui visivi medesimi ai video collegamenti tra il detenuto ed i familiari anche nel caso di ristretti sottoposti al 41 bis». In un momento emergenziale come questo, forse l’utilizzo di Skype – attualmente esteso anche per chi è in alta sorveglianza e quindi per chi è macchiato di reati legati alla mafia – potrebbe benissimo essere usufruito dai reclusi al 41 bis. D’altronde, recentemente, già ci sono state alcune autorizzazioni. Basti pensare il caso della possibilità di collegarsi via Skype tra detenuti ( marito e moglie) reclusi entrambi al 41 bis e in carceri differenti.