Forse non è chiaro: la condizione dei professionisti è fra le conseguenze sottovalutate dell’emergenza. In un quadro in cui la tragedia del contagio e delle sue vittime tende a oscurare le ricadute economiche, a essere tenuto da parte è anche l’impatto della paralisi da coronavirus sulle professioni, e ovviamente sugli avvocati, che costituiscono una percentuale enorme del mondo ordinistico. A cercare di portare la questione fuori dal cono d’ombra in cui pare relegata sono istituzioni e rappresentanze forensi. Dopo la nota con cui mercoledì la presidente facente funzioni del Cnf, Maria Masi, ha segnalato la «grave mancanza», nel decreto Cura Italia, di «sostegni ai professionisti e in particolare agli avvocati», e annunciato una «proposta emendativa», una dichiarazione diffusa ieri dal coordinatore dell’Organismo congressuale forense Giovanni Malinconico squarcia definitivamente il velo: «La crisi economica che già sta aggredendo il Paese rischia di colpire, e già sta colpendo in modo durissimo, la categoria forense». «Le imprese ferme, le attività giudiziarie bloccate», avverte il coordinatore dell’Ocf, «si ripercuotono sull’avvocatura in maniera drammatica. Abbiamo notizia di colleghi che già ora non riescono ad arrivare a fine mese. Non riesco a immaginare cosa potrà accadere al termine di questa emergenza». Serve dunque un «piano di interventi» a sostegno della professione forense, insiste Malinconico. «L’alternativa è la desertificazione dell’intera categoria, nella quale solo i grandi studi sopravviveranno, con un danno che si ripercuoterà su tutta la comunità». Il piano è in parte stato già prefigurato in una lettera che Malinconico ha inviato tre giorni fa al presidente di Cassa forense, Nunzio Luciano, ed evocata mercoledì anche dall’Aiga. Alcune misure potrebbero essere in effetti “anticipate” dall’ente previdenziale degli avvocati, ma è chiaro come la gran parte degli interventi spetti al governo. «Pensiamo a misure urgenti per il patrocinio a spese dello Stato, accelerando le procedure di liquidazione degli onorari», dice infatti Malinconico, che indica proprio nelle «anticipazioni pro-soluto e rivalsa nei confronti dell’amministrazione da parte della Cassa forense» una delle soluzioni tampone. Ma dovrà subito entrare in gioco, e seriamente, l’esecutivo. A cominciare, a proposito della difesa prestata per i non abbienti, da «interventi per agevolare la compensazione fiscale» dei relativi onorari, come oltretutto l’Ocf aveva già chiesto, insieme con Cnf e Cassa forense, assai prima che maturassero le condizioni per un decreto come il Cura Italia. Una delle direzioni da seguire, secondo lo schema dell’avvocatura, è in generale l’assimilazione degli interventi da mettere in campo per le professioni a quelli pensati e in parte introdotti per la gran parte delle partite Iva. Dalla sospensione dei mutui e delle rate dei finanziamenti di qualsiasi genere per l’esercizio dell’attività professionale al credito d’imposta per l’affitto dello studio. «È solo una parte delle esigenze immediate», spiega Malinconico, «resta poi necessario studiare misure di accelerazione per il pagamento dei crediti degli avvocati nei confronti delle Pa e sospendere i carichi iscritti a ruolo e le rateizzazioni dell’Agenzia delle Entrate senza applicare sanzioni ed interessi per l’anno 2020». Sarebbe tanto più doveroso se si pensa che agli avvocati, come alla gran parte dei professionisti, viene comunque chiesto di continuare a lavorare, per assicurare tra l’altro lo svolgimento degli affari urgenti (ieri a Vicenza, per esempio, un’udienza di convalida per un’accusa di droga si è svolta in videoconferenza dalla caserma dei carabinieri), pur senza essere quasi mai pagati, come ha ricordato in un’intervista al Dubbio il presidente dei commercialisti Massimo Miani. Proprio il Consiglio nazionale di tale categoria, insieme con i consulenti del lavoro, torna a chiedere al governo «di non trascurare le necessità del comparto delle professioni economico-giuridiche e quindi di estendere le tutele previste per imprese e dipendenti anche alle attività degli studi professionali». Sarebbero necessarie, per commercialisti e consulenti del lavoro, specifiche misure fiscali come «lo sblocco della compensazione dei crediti per imposte dirette anche prima della presentazione della dichiarazione». Al momento si deve invece fare i conti con lo spettro di un’irrazionale “clic day” per “aggiudicarsi” il bonus da 600 euro, che rischia di essere erogato solo a un segmento ristretto di partite Iva e, a maggior ragione, di professionisti. L’ipotesi non è stata smentita dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico, anche se la viceministra dell’Economia Laura Castelli ha assicurato ieri, con un’intervista ad Avvenire, che un nuovo decreto dovrebbe a breve contenere anche il «ristoro dei professionisti», a partire da «un accordo con le Casse previdenziali». Soluzione ritenuta indispensabile dall’avvocatura e dall’intero sistema ordinistico.