Non c’è più tempo, la calma che ora attraversa i penitenziari italiani è solo apparente. Mentre tutta l’Italia è in una specie di quarantena soprattutto per evitare assembramenti di persone, le carceri sono sovraffollate. A questo si aggiunge anche il problema dei posti inagibili a causa delle rivolte. L’amnistia e l’indulto è una battaglia politica, soprattutto culturale, che va fatta nel tempo. Ma ora, in questo momento di emergenza sanitaria, è impraticabile.

Il Dubbio ha contattato EmiIia Rossi del collegio del garante nazionale delle persone private della libertà. «Per decongestionare rapidamente le carceri italiane, le uniche misure efficaci sono l’applicazione della liberazione anticipata speciale, i domiciliari, la licenza per i semiliberi», commenta la Garante. Di fatto, la causa scatenante delle rivolte, è proprio la paura del contagio all’interno delle carceri e del fatto che, appunto, sono in troppi. Proprio ieri, su Il Dubbio, è stato riportato il caso del ragazzo tunisino morto durante la rivolta del carcere di Modena: aveva una pena definitiva di due anni e gli mancavano due settimane per uscire. Tantissimi come lui stanno scontando una pena di pochissimi anni: la misura alternativa è l’unica via di uscita. Emilia Rossi fa sapere che l’autorità del Garante sta monitorando gli eventi, tutte le situazioni critiche che inevitabilmente sono aumentate dopo le rivolte. Tante, tantissime segnalazioni arrivano all’autorità, le quali saranno verificate con attenta scrupolosità. Così come stanno avviando le interlocuzioni con le varie Procure per avere informazioni circa l’apertura di indagine al fine di presentarsi come persona offesa. Parliamo dei 13 decessi collegati alle rivolte, molto probabilmente morte di overdose.

Al momento non è dato sapere se le autopsie siano state fatte e i relativi risultati. Sicuramente le procure dovranno appurare, soprattutto per i detenuti morti dopo il trasferimento in altre carceri a centinaia di km di distanza, se si sia stato fatto tutto il possibile per evitare il soccorso all’ultimo momento.

Ma ritorniamo alle misure deflattive urgenti. Qualcosa si sta muovendo. Diversi tribunali di sorveglianza stanno facendo compilare i moduli per fare istanza di misure alternative per chi ha una pena superiore residua non superiore ai 15 mesi. Inoltre si sta procedendo nel mandare in licenza i semiliberi fino, per ora, agli inizi aprile. In alcune regioni si sta valutando di mandare in licenza anche i detenuti in articolo 21, ovvero coloro che svolgono un lavoro esterno. «Per ora – spiega la garante Emilia Rossi – la magistratura si sta muovendo a macchia di leopardo, ma ci auguriamo che ci sia uniformità. Noi, come autorità del garante nazionale, continuiamo il lavoro per la ricerca di possibili provvedimenti normativi e diffusione di buone prassi applicative delle norme esistenti». Il garante nazionale è anche in attesa di una nuova convocazione della cosiddetta “Task force” voluta dal ministro della giustizia Alfonso Bonafede.

Nel frattempo, si aggiunge una buona notizia. Il nuovo Direttore generale Detenuti e trattamento, Giulio Romano, in carica dal 14 febbraio scorso, ha dato il via libera per tutte le carceri italiane l'uso della posta elettronica nella comunicazione tra detenuti e familiari, e anche all'uso di Skype per le lezioni scolastiche e universitarie in videoconferenza e per lo svolgimento degli esami e dei colloqui tra docenti e studenti reclusi.

Ma non solo. La possibilità del colloquio via Skype – ovviamente accuratamente controllati - viene estesa anche nei confronti dei detenuti reclusi nelle sezioni di Alta Sorveglianza. Una svolta importantissima per sopperire al divieto dei colloqui a vista per evitare il contagio da coronavirus. Ma per quanto riguarda i reclusi al 41 bis? I colloqui, così come chiarito anche dalla circolare del Dap, possono svolgersi regolarmente dal momento che avvengono con separazione completa con un vetro divisorio».