Continua il giallo sulla sospensione dei termini per il deposito degli atti. Nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del dl inviata ai parlamentari, infatti, è contenuta quella che, di fatto, è una interpretazione estensiva dell’articolo 1 comma 2. Si legge nel documento sottoscritto dal dipartimento per i rapporti con il Parlamento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che: “Il comma 2 dello stesso articolo 1, con disposizione di portata generale, riferita a tutti i procedimenti e processi civili e penali pendenti (anche quando non sia fissata udienza nel periodo interessato), dispone la sospensione di tutti i termini per il compimento di qualsiasi attività processuale, ivi inclusi gli atti di impugnazione”. Tale lettura - in particolare la parte contenuta in parentesi - correggerebbe l’interpretazione cautelativa della previsione contenuta del decreto legge, secondo cui unici termini sospesi dal decreto sono quelli che riguardano procedimenti con udienze fissate tra il 9 marzo e il 22 marzo. Il problema, tuttavia, rischia di permanere ancora e fino a quando effettivamente non verrà presentata e approvata la legge di conversione. E i tempi potrebbero non essere brevissimi, considerato che il ministero della Giustizia in questa fase si sta occupando con priorità della difficilissima situazione nelle carceri. La relazione illustrativa, pur indicando la volontà di correggere il testo approvato l’8 marzo, non ha tuttavia alcun valore normativo e dunque non può essere considerata correttiva della lettera dell’articolo 1 dl 11/2020. Nè si può immaginare di considerare già da oggi vigente la nuova formulazione, in attesa della legge di conversione. Dal momento che la legge di conversione modifica il testo del decreto legge, infatti, dette modifiche entrano in vigore ex nunc, dalla data della legge di conversione. Per questa ragione, l’Unione camere penali italiane ha sollecitato a Bonafede un provvedimento d’urgenza di interpretazione autentica. «affermando come la sospensione dei termini, ferme le deroghe previste, debba necessariamente interessare tutti i procedimenti». Caiazza ha infatti sottolineato come l’attuale interpretazione della norma costringa gli avvocati «a recarsi negli studi impegnando se stessi, i propri collaboratori e il personale di segreteria nella materiale redazione di atti per poi procedere al loro deposito convocando assistiti e parti, non interrompendo insomma l’attività di relazione tra le persone, obiettivo che la legge ha inteso imporre». Intanto, vista la perdurante situazione di crisi e soprattutto il decreto del Governo che ha reso tutta Italia zona rossa fino al 3 aprile, l’Ucpi ha anche chiesto «un intervento che dilati, quantomeno fino al 3 aprile 2020, la disciplina di sospensione dei termini processuali e di rinvio delle udienze calendarizzate». Per ora, infatti, il dl Tribunali prevede i rinvii delle udienze non urgenti fino al 22 marzo. «Non è pensabile, quali che possano essere le pratiche eventualmente adottate nei diversi distretti, che avvocati e parti siano costretti alla mobilità nel territorio, incompatibile con le linee guida emanate a tutela della salute pubblica», ha sottolineato il presidente, Gian Domenico Caiazza. Anche questa estensione di calendario potrebbe finire nella legge di conversione del dl, tuttavia, ad oggi il Ministero della Giustizia non ha ancora indicato una data entro la quale il testo dovrebbe venire approvato.