Il decreto legge 11/2020, nel normare l'emergenza coronavirus nel campo della giustizia, ha lasciato aperto un dubbio interpretativo che sta generando polemiche e disagi nel mondo dell'avvocatura: la sospensione dei termini per i procedimenti.

La questione

Il problema nasce da quello che sembra un errore nella stesura della norma. Pubblicando su Facebook il decreto legge, il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, scriveva: "Con il decreto legge approvato ieri sera in Consiglio dei Ministri, abbiamo deciso che per le prossime due settimane (dal 8 marzo fino al 22 marzo) saranno sospesi termini e udienze su tutto il territorio nazionale. L’unica attività consentita sarà quella urgente e improrogabile, in analogia a quanto previsto dalla Legge n. 742/1969 per la sospensione feriale di procedimenti e udienze". Un riferimento, quello alla sospensione feriale, che era stato suggerito dai rappresentanti dell'Avvocatura presenti al tavolo e che avrebbe semplificato la gestione. Il testo del decreto legge, però, dispone una cosa diversa ai commi 1 e 2 dell'articolo 1. Il primo comma recita: “A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto (dunque il 9 marzo ndr) e sino al 22 marzo 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, con le eccezioni indicate dall’articolo 2 comma 2 lettera g, sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020”. Il problema sorge con il comma 2, che riguarda la sospensione dei termini. Si legge: “A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 maezo 2020 sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei provvedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate. Over il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo”. una interpretazione cautelativa della lettera della norma, infatti, prevede che gli unici termini sospesi dal decreto siano quelli che riguardano procedimenti con udienze fissate tra il 9 marzo e il 22 marzo. Quindi, un numero ridotto di procedimenti, rispetto ai tanti termini che scadrebbero nell’arco di queste due settimane.

Cosa chiedono gli avvocati

La richiesta che viene da tutta l'avvocatura è quella di una nuova previsione che estenda la sospensione dei termini a tutti i procedimenti che non rivestano caratteri di urgenza. La risposta ufficiosa, proveniente anche dai ranghi della magistratura, è che ogni tipo di adempimento può essere svolto in via telematica, dunque non c'è ragione di estendere in questo modo la sospensione.

Perchè gli adempimenti in via telematica sono rischiosi

Se in astratto potrebbe essere vera la considerazione che la via telematica consente il deposito di tutti atti, la pratica è ben diversa. Se è vero, infatti, che l'atto può essere depositato telematicamente, è altrettanto vero che il lavoro di stesura e composizione dell'atto non può avvenire in una modalità che tuteli gli avvocati e i loro clienti. Per cominciare, qualsiasi tipo di allegato che provenga dalla parte deve essere materialmente fornito all'avvocato dal cliente. Non tutti - si pensi a clienti anziani - sono in grado di fornire la versione dell'atto già scannerizzata e pronta per essere allegata, dunque il cliente dovrà recarsi presso lo studio del difensore per fornire il materiale. Il cliente, inoltre, deve sottoscrivere la procura al proprio difensore e l'atto non può certo avvenire in via telematica, ma il cliente deve recarsi presso lo studio per firmarla. Infine, non tutto il sistema dei processi è telematico. L'ufficio del giudice di pace, per esempio, non è attrezzato e dunque gli atti vanno depositati in formato cartaceo. Lo stesso vale per il giudice tutelare, la Corte di Cassazione e il tribunale per i minorenni.