Il bene della vita e quel maledetto orologio

Caro direttore, mi consenta una parola sulla tragedia di Napoli. C’erano due beni sulla scena: l’orologio del carabiniere e la vita. Per la Costituzione il bene primario da tutelare è la vita. Mi chiedo: se il ragazzo che puntava la pistola giocattolo, e che certamente avrà ingiunto: “Dammi l’orologio”, invece di volerlo per procurarsi i soldi per la discoteca, l’avesse voluto per pagare le cure alla sorella, parleremmo allo stesso modo? E il carabiniere. All’addestramento insegnano che sparare mirando il corpo è il gesto estremo. Prima sparare in aria. Prima consegnare l’orologio. Quanto è contata la circostanza che fosse in compagnia della fidanzata o il pensiero, inconsapevole, che non sarebbe potuto rientrare in caserma e dire che era stato rapinato dell’orologio, senza il rischio di essere deriso. Queste sono considerazioni del contesto sociale che non intaccano l’assolutezza della preminenza del bene vita rispetto al bene orologio.

Sono riflessioni che vi propongo ma senza che vengano attribuite conseguenze. Io non penso che il carabiniere debba essere imputato di omicidio volontario e sono sempre più convinta che il carcere non sia la soluzione. Mai. Di questi tempi, poi, che sperimentiamo la domiciliare volontaria per l’allarme virus, ciascuno può fare le proprie riflessioni sugli effetti delle misure restrittive della libertà.

* avvocato