Dire: "Salvini in galera" non è reato. Lo ha stabilito il tribunale di Rovereto che ha deciso di assolvere l'ex consigliere comunale del Pd, Paolo Mirandola, dall'accusa di aver diffamato Matteo Salvini. L'ex ministro dell'interno e leader del Carroccio  aveva chiesto 80.000 euro di risarcimento e, ha fatto sapere, ricorrerà in appello Il fattaccio risale al marzo 2015, quando, nel corso di un agitato consiglio comunale il dem Mirandola replicò in modo deciso a un collega leghista: "Non vedi quello che ho scritto sulla mia cravatta Salvini in galera, Salvini un mascalzone, un delinquente abituale per tendenza, ha radunato in piazza del Popolo il peggio del Paese". Mirandola aveva poi aggiunto le parole «Salvini in galera». Le motivazioni saranno depositate entro 15 giorni ma, secondo quanto riferiscono i quotidiani locali, il giudice potrebbe aver ritenuto le parole di Mirandola non diffamatorie dato il contesto, sopra le righe, della seduta consigliare. Accuse politiche in un contesto politico, quindi. «La pronuncia confonde il piano della politica con quello del diritto, facendo cadere per Salvini la difesa all'onorabilità personale. Salvini ha meno diritti degli altri. Gli insulti, se diretti a Salvini, per il giudice di pace di Rovereto non sono reato: così si legittima la violenza, verbale e non solo», ha detto l'avvocato difensore di Salvini, Claudia Eccher.