«Noi siamo la terra di Beccaria, non di Bonafede». Dallinaugurazione dellanno giudiziario dei penalisti, il leader Matteo Renzi lancia la sfida al governo, lanciando strali contro il M5s e il Pd. Il primo, colpevole di un populismo giudiziario che ha trasformato la giustizia in show colpevolista a tutti i costi, il secondo di aver abiurato ai propri principi in nome delle poltrone. Così lex premier ha lanciato la sfida, scegliendo come alleati i penalisti italiani, per una  «battaglia culturale» contro populisti e giustizialisti. «La giustizia in Italia - ha affermato Renzi - è quella che può permettere di sparare sentenze sui social o nei talk, che sono peggio dei socia. Cè una cultura per cui il colpevole va esposto, come nel caso Battisti: è impensabile che si possa arrestare qualcuno e fare il filmino modello cresima, un racconto con unesposizione del corpo dellarrestato che è indegna di un paese civile. Ma su questa battaglia penso ci sia lo spazio poter fare insieme nei prossimi anni una sfida di qualità». Il raggio dazione di Renzi, dunque, va ben oltre la prescrizione, «battaglia che è anche la nostra», ha affermato il leader di Iv: «noi non molliamo e siamo certi che non essendoci i numeri anche certe timidezze e ipocrisie di chi si proclama riformista e segue il giustizialismo pentastellato sarà prima o poi messo alla prova dei fatti  - ha sottolineato -. I numeri in Parlamento, in questa legislatura, non consentiranno di andare avanti con la proposta attuale. Quindi io non sono preoccupato. Vorrei però facessimo uno sforzo: che si restituisse dignità alla giustizia di essere percepita come tale. Quando si capirà che tra garantismo e giustizialismo cè la stessa differenza che cè tra democrazia e dittatura, tra la Costituzione e il populismo mediocre e banale, avremo vinto la battaglia culturale. Io penso questa sia la sfida di oggi». La battaglia dei penalisti contro la prescrizione, ha aggiunto poi Renzi, «è contro il loro interesse»: un imputato a vita, ha sottolineato, «farebbe comodo, perché farebbe guadagnare di più. La loro è una battaglia nellinteresse del Paese, non dellavvocatura. Spieghiamolo a chi non lha capito». [embed]https://www.facebook.com/matteorenziufficiale/videos/1361554127380238/[/embed]   Renzi ha citato il populismo sanitario, quello che prima portava a considerare Roberto Burioni o Ilaria Capua come nemici numero uno e che oggi li consacra. Perché il populismo - «e il giustizialismo ne è una forma, il populismo dei mediocri» -, ha evidenziato, verrà zittito dalla storia, «così comè stato per i no vax». Durante il suo discorso, prima di lasciare il palco di Brescia per tornare alla convention di Italia Viva, Renzi ha citato il processo Cusani, nel 1994. «Ricordo perfettamente un momento di quel processo, che per me era diventato uno show: il momento della conclusione, con la relazione finale di Di Pietro, fatta con il computer, e lavvocato della difesa che fece iniziare la sua arringa dallimmagine di Aiace. Quel difensore stava concorrendo al fare giustizia esattamente come la roboante, scenografica arringa dellaccusa. Ma non era considerato tale, perché tutti i media fecero credere che fosse soltanto laccusa a fare giustizia». Renzi ha puntato il dito anche contro «chi dice che gli innocenti non vanno in carcere e chi dice che la giustizia si può praticare attraverso i processi show - ha sottolineato -. Prima o poi dovremmo interrogarci sul fatto che se può capitare lerrore giudiziario non può capitare il fatto che il responsabile di quellerrore faccia carriera anche grazie a quellerrore e diventi un punto di riferimento del Csm». Nonostante ciò, Renzi ha espresso critiche contro il ddl sul processo penale, che prevede sanzioni per i magistrati che non rispettano i termini di deposito della sentenza. «Il tema dei tempi è un grande tema - ha evidenziato - ma lidea che la responsabilità civile si possa esercitare lì e si permetta a chi invece è responsabile di errori giudiziari di diventare procuratore capo o membro del Csm è una cosa che per me non sta né in cielo né in terra». Il leader di Italia Viva ha poi svelato un retroscena: il tentativo del ministro Bonafede di dare al lodo Conte sulla prescrizione il nome di Lucia Annibali. «Bonafede ha avanzato una proposta indecente - ha raccontato - ovvero di poter modificare il suo lodo in un Annibali bis. Lei è saltata dicendo: col mio nome certe schifezze non le fate».