Finito il tempo di crogiolarsi nella vittoria emiliana di Stefano Bonaccini, che già il centrosinistra si trova in nuove ambasce. Questa volta, a incrociarsi alle elezioni regionali, c’è la sempre più slabbrata alleanza nazionale tra i dem e Italia Viva e il rischio è che trascini con sè anche gli accordi su base locale. Matteo Renzi, infatti, sa quanto importante sia la partita delle amministrative di primavera e indende giocarla su due tavoli: quella sì della dimensione locale dove il suo partito si sta provando a radicare, ma soprattutto quello della contesa interna alla maggioranza di governo.

Rischia di essere una partita persa prima ancora di cominciarla, quella per la regione governata dal leghista Luca Zaia. Lui, lanciato verso il terzo mandato con sondaggi quasi plebiscitari, dovrebbe sfidarsi col vicesindaco di Padova, Arturo Lorenzoni, ma il candidato Pd - prodotto di una difficile trattativa con liste civiche e movimenti di sinistra - è già dimezzato. Doveva essere il nome della «massima apertura possibile» ( parole del segretario dem veneto), invece la doccia fredda arriva dalle parole di Ettore Rosato: «Noi insieme ad Azione e a + Europa lavoreremo su una nostra candidatura», e ancora «Costruiremo un polo autonomo che parli a quel pezzo di Veneto che si aspetta una proposta veramente riformista». Come a dire, Lorenzoni non lo è abbastanza e anzi «è una scelta molto appiattita a sinistra». Risultato: una sconfitta già pronosticata rischia di essere tale prima ancora di formalizzare la candidatura, nonostante dal Pd continuino ad arrivare appelli alle truppe renziane locali. E quella regionale non è l’unica sirena: anche Venezia va alle urne e la candidata indipendente scelta dai dem, l’imprenditrice Gabriella Chiellino, si è a sorpresa tirata indietro, aprendo un’autostrada per la riconferma dell’attuale sindaco di centrodestra Luigi Brugnaro. Anche nel caso di Chiellino, il sospetto è che ci sia dietro lo zampino di Renzi e Calenda. I due, infatti, si sarebbero tirati indietro anche nella partita della città lagunare e proprio la consapevolezza di una coalizione non compatta spiegherebbe il passo indietro della candidata.

Se la partita veneta è sempre stata la bestia nera del centrosinistra, diverso e più problematico è il caso campano. Il Pd locale ha all’unanimità confermato il via libera alla candidatura dell’uscente Vincenzo De Luca, sostenuto a livello nazionale dalla blindatura di Andrea Orlando. Del resto, lo “sceriffo di Salerno” aveva già annunciato la propria ricandidatura, senza se e senza ma. A complicare le cose, però, è arrivata l’investitura grillina all’attuale ministro Sergio Costa, sponsorizzato dal potente presidente della Camera, Roberto Fico, dopo il provvidenziale passo indietro della candidata scelta dal voto online.

Proprio la discesa in campo di un ministro della maggioranza metterebbe in imbarazzo i dem, così intenti a tessere le fila di un’alleanza strutturale coi 5 Stelle e costretti a imbastire una campagna elettorale contro un loro ministro. Inoltre, a bombardare il fortino di De Luca ci si è messo lo stesso Matteo Renzi, che con l’ex sindaco salernitano ha rotto da tempo i rapporti. Il generale di Italia Viva in Campania, Gennaro Migliore, ha già fatto capire che «De Luca non è il candidato migliore, serve discontinuità». Risultato: gli alleati di governo starebbero già lavorando dietro le quinte per trovare un terzo candidato di mediazione per tutti. «Abbiamo fatto un invito ai Cinque Stelle di aprire un discorso programmatico con noi, perché non ci sfugge il quadro nazionale», ha detto il segretario campano del Pd, Leo Annunziata, parzialmente mettendo in discussione il voto in assemblea. Rimane da vedere la reazione di un politico pervicace come Vincenzo De Luca, che rischia di essere messo da parte in casa propria. Proprio mentre il centrodestra si trova in difficoltà ad individuare un degno avversario.

Anomalo ma inserito nello stesso quadro d’incertezza è anche il caso pugliese. Il Pd si trova con la patata bollente dell’uscente Michele Emiliano, che ostenta sicurezza ed è deciso a ripresentarsi. Del resto non ha avversari interni diretti, nonostante la base dem non lo ami. Però contro di lui si abbatterebbero i malumori nazionali, in particolare provenienti dalla corrente ex renziana di Base riformista. «Con lui perdiamo, se il centrodestra corre unito», si sussurrerebbe al Nazareno. Anche in questo caso, Italia Viva ha già annunciato che, con lui candidato, correrà da sola e gli ha schierato contro niente meno che la ministra pugliese Teresa Bellanova, che contro Emiliano ha tuonato durante l’assemblea nazionale del partito definendolo «portatore del peggiore populismo e candidato a perdere».

IL TERMOMETRO TOSCANO

A parte, invece, è la partita toscana. Iv non ha mai messo in discussione la candidatura de dem Eugenio Giani ma in politica il silenzio assenso è sempre rischioso. Di più, se i renziani corressero da soli nella regione del loro leader, Matteo Renzi, il rischio per il Pd - vincitore sulla carta - di cedere il passo al centrodestra sarebbe altissimo. Il Pd conosce il rischio ma sa anche come le sorti della Toscana siano strettamente legate a quelle dei rapporti dentro il governo. Lo strappo toscano, infatti, significherebbe che al governo sono volati gli ultimi stracci.