La psicosi dilagante da Coronavirus tiene lontano i clienti occidentali dalla Chinatown milanese e non solo. Il drastico calo di affari riguarda infatti tutte le attività gestite da cittadini di origine cinese in svariate zone della città: trattorie, bar, tabacchi, parrucchieri, centri estetici e sartorie. Il timore di contrarre il virus ha generato una paura indistinta e irrazionale verso chi ha la sola colpa di avere gli occhi a mandorla. E a nulla valgono i disperati appelli della comunità cinese che non si reca in Cina da anni e si trova, esattamente come ciascun cittadino residente a Milano, a più di ottomila chilometri da Wuhan, centro dell’epidemia. Oltre al danno economico, in alcuni casi pari al 60/ 70% del fatturato in meno, c’è il danno morale inflitto ad una comunità che si sente emarginata e trattata alla stregua di coloro che commettono reati. Via Paolo Sarpi, cuore della Chinatown milanese, famosa per lo street food orientale, è completamente deserta e non sembra lo stesso posto di qualche settimana fa con file di persone fuori dai ristoranti o a passeggio gustando i deliziosi Bao, panini al vapore ripieni di carne, pesce e verdure, che hanno contribuito a renderla così popolare.

Stefano di Martino, ex vicepresidente del consiglio comunale ed oggi Ambasciatore per l’amicizia tra i due popoli, intende diffondere forti segnali di resistenza contro questo clima ingiustificatamente ostile e avverso. Per arginare la psicosi collettiva, Milano lancia per giovedì 20 febbraio “La Notte delle Bacchette”, una serata di solidarietà a sostegno della comunità cinese per combattere un boicottaggio infondato che scaturisce da paura e mancanza di conoscenza. Tantissimi ristoranti orientali e non solo, ma anche sale da tè, enoteche e gastronomie proporranno un piatto solidale garantendo di versare il 50% del suo prezzo a una comunità colpita dagli effetti del coronavirus che siano malattia, povertà o discriminazione. Una specie di enorme cena collettiva all’insegna della solidarietà gastronomica per provare ad illuminare questi ultimi giorni contraddistinti da buio, pregiudizio e sospetto. L’obiettivo non è festeggiare ma stare vicino a chi si sente lontano e dare un vero e proprio colpo di bacchetta alla paura.

Non è la sola iniziativa di questo genere nel nostro Paese. Il primo ad aver lanciato un messaggio rassicurante e antirazzista è stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, recandosi a sorpresa in una scuola elementare di Roma dove la presenza di bambini stranieri è molto alta ( più del 50%). Un gesto simbolico e distensivo da parte del Capo dello Stato nei confronti di una comunità residente da anni in Italia colpita dalle ricadute delle vicende del coronavirus e conseguente insorgenza di sconsiderati processi morbosi collettivi. Anche a Bologna, il fotografo Anthony De Luca, ha deciso di postare sui social un video in cui, a passeggio nel centro città, bacia cittadini asiatici a riprova del fatto che non si corre alcun pericolo e che la discriminazione è totalmente insensata.

Il Sindaco Dario Nardella, a sostegno di un’iniziativa dell’Unione giovani italo- cinesi, ha lanciato l’hashtag # abbracciauncinese a Firenze con un videomessaggio per esprimere solidarietà alla comunità orientale. Essere attenti e cauti è giusto ma non possono essere accettabili il terrorismo psicologico e lo sciacallaggio da parte di chi coglie ogni pretesto per diffondere rancore ed esclusione. In piazza della Signoria un ragazzo bendato ha esposto un cartello con scritto: «Sono cinese, sono italiano: ma abbracciami come essere umano». In fondo non esiste virus peggiore dell’ignoranza che si rivela sempre attraverso impulsi di odio e risentimento verso gli stranieri.