La Corte costituzionale ha fissato la data dell’udienza pubblica in merito alla questione di illegittimità costituzionale del 41bis, relativamente alla parte del comma secondo quater, lett. f), secondo periodo, che impone all'Amministrazione penitenziaria di adottare tutte le misure di sicurezza volte ad assicurare l'assoluta impossibilità per i detenuti di scambiare oggetti tra loro, anche se appartengono al medesimo gruppo di socialità. Si terrà il 5 maggio prossimo e a discuterla per il detenuto Giambò Carmelo saranno gli avvocati difensori Barbara Amicarella e Valerio Accorretti Vianello.

Della vicenda sollevata dalla Cassazione ne ha già data notizia Il Dubbio. Tutto ha avuto inizio grazie al reclamo proposto dall'avvocata Barbara Amicarella del foro de L'Aquila, in seguito al cui accoglimento, dinanzi al magistrato di sorveglianza di Spoleto, l'Avvocatura di Stato aveva proposto reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Perugia. Il ricorso veniva respinto, ma l'Avvocatura di Stato proponeva ricorso per Cassazione e in quella sede la Corte ha trasmesso gli atti alla Consulta, come del resto aveva sin dall'inizio auspicato l'avvocata Barbara Amicarella.

La Corte di Cassazione adotta la soluzione dell’incidente di costituzionalità, attraverso un percorso logico. l diritto allo scambio di oggetti trova fondamento nel diritto di qualsiasi detenuto, a prescindere dal regime detentivo, a fruire di momenti di socialità tra persone ristrette, che si ritiene rientri tra quelli previsti dall’art. 1 dell’ordinamento penitenziario, tanto che esso è garantito anche ai detenuti sottoposti al regime del 41 bis sebbene nell’ambito di un determinato gruppo di socialità.

Ma da dove è scaturito, quindi, la necessità del divieto? Bisogna riportare ciò che dice la lettera f) dell'articolo 41bis, ovvero dove prevede l'adozione di ' tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata l'assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi'. Tutto si basa sull'interpretazione data dall'inserimento del segno di interpunzione della virgola fra le parole “socialità” e “scambiare”. Non è una questione da poco, perché si potrebbe evincere che tale la disposizione avrebbe contemplato ' l'assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità' e pertanto ' l'assoluta impossibilità' deve ritenersi riferito alle comunicazioni fra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, con l'ovvia conseguenza che non è richiesto di impedire in modo così radicale lo scambio degli oggetti. Da ricordare che il divieto di ' cuocere cibi', invece, è decaduto grazie alla sentenza 26 settembre 2018, n. 186 della Corte costituzionale.

Infatti il tribunale di Perugia aveva accolto il reclamo dell’avvocata Amicarella, disapplicando le determinazioni assunte dall'Amministrazione penitenziaria, ordinandole di emettere un Ordine di servizio volto a consentire il passaggio di oggetti e di generi alimentari tra i detenuti facenti parte del medesimo gruppo di socialità. Ma l’avvocatura di Stato ha fatto ricorso in Cassazione, che a sua volta ha sollevato il caso alla Consulta con riferimento agli art. 3 e 27 della Costituzione, dichiarando rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. Identica vicenda riguarda il caso del detenuto al carcere di Terni difeso dall’avvocata Piera Farina. Entrambi i casi, riuniti, saranno quindi discussi il 5 maggio davanti alla corte costituzionale.