Bruno Forte, arcivescovo di Chieti- Vasto, ha annunciato ufficialmente la data di pubblicazione del nuovo messale approvato dalla Conferenza Episcopale Italiana, il cui utilizzo nel culto inizierà il 29 novembre, con la prima domenica di avvento del prossimo anno liturgico. La maggiore innovazione contenuta nel messale, quella della quale si è parlato e discusso a lungo, consiste nella modifica del testo italiano della più celebre e diffusa preghiera cristiana, il Padre Nostro. La sesta domanda non reciterà più “non indurci in tentazione” ma bensì “non abbandonarci alla tentazione”.

Il problema della traduzione del messale cattolico nasce immediatamente dopo il Concilio Vaticano II, con la decisione di modificare la liturgia riducendo l’uso del latino e sostituendolo invece con le lingue nazionali. In questo modo essa risulta comprensibile per tutti i fedeli rendendo più agevole la loro partecipazione. Fu allora che “et ne nos inducas in tentationem” divenne “e non indurci in tentazione”, con un affidamento in seguito giudicato eccessivo all’assonanza delle parole, il cui significato si era andato modificando dall’originale greco - prossimo al “fa che non entriamo in tentazione” sostenuto originariamente da Bruno Forte – fino a trasformarsi in una frase che ipotizza interventi tentatori messi in atto da Dio stesso.

La questione della traduzione nelle lingue nazionali della sesta domanda del Padre Nostro non è stata affrontata solo in Italia. Anche altre Conferenze Episcopali si sono misurate con la delicatezza dell’argomento, che si intreccia con i misteri del peccato originale, del perdono divino, del libero arbitrio, dell’esistenza del male e della tentazione. Realtà che possono essere contemplate, senza ambire a giungere a una loro conoscenza compiuta.

In spagnolo, si è affermata la soluzione diretta ‘ fa che noi non cadiamo nella tentazione’. In francese, dopo una serie di cambiamenti successivi a fronte dei quali in Italia si è preferito agire senza nessuna fretta, si è passati da una traduzione che era ‘ non sottometterci alla tentazione’ alla formula attuale che è ‘ non lasciarci entrare in tentazione’. In Germania invece ci si è trovati di fronte a una problematica ancora diversa e di maggiore complessità: dato che il testo accettato è il risultato di un lavoro comune svolto da cattolici e protestanti non si è voluto provvedere ad una modifica unilaterale, preferendo mantenere la lezione condivisa piuttosto che individuarne una forse teologicamente più corretta che rischiava di portare a un allontanamento tra le chiese tedesche.

Nel momento della comunicazione delle date individuate per l’entrata in vigore del nuovo testo, Bruno Forte ha voluto fornire un contributo teologico precisando che “l’espressione ‘ tentazione’ è corretta ed il verbo che le corrisponde deve essere un verbo che faccia comprendere che il nostro è un Dio che ci soccorre, che ci aiuta a non cadere in tentazione. Non un Dio che in qualunque modo ci tende una trappola. Questa è un’idea assolutamente inaccettabile.” L’elaborazione della modifica al testo del Padre Nostro, come è facile capire, ha comportato un lungo processo di studio, di valutazione e di composizione di pareri diversi. Durante tale percorso c’è stato un momento di particolare visibilità per la notizia del prossimo cambiamento, inserita quasi in sordina nel volume edito dalla Rizzoli nel 2017 Quando Pregate dite Padre Nostro,

tratto dall’introduzione di Papa Francesco alla serie televisiva Padre Nostro di TV 2000.

Nel libro veniva mantenuto il testo tradizione, ma nello stesso tempo il pontefice ne segnalava l’inadeguatezza, auspicando un prossimo cambiamento che ne avvicinasse il senso all’ispirazione originale. La versione concordata dalla Cei diventerà dunque ufficiale per la Chiesa italiana a partire dal 29 novembre, ma già oggi essa è stata fatta propria in molte parrocchie che la recitano nel corso della messa, dimostrando l’attenzione con la quale la questione della modifica è stata seguita dai credenti, sempre nella consapevolezza che le parole da sole non conquistano la salvezza se non si incarnano in pratiche concrete della quotidianità.