«Ho incontrato una delegazione di avvocati che mi ha chiesto di sbloccare questa pseudo-riformiccha che solo Bonafede può ritenere utile». Parole e musica di Matteo Salvini il quale, dopo appena sei mesi di opposizione, ha scoperto quanto il blocca prescrizione sia un pasticcio in grado di far collassare il già fragile edificio della giustizia italiana (copyright di Giovanni Mammone, primo presidente della Corte di Cassazione). Insomma, le critiche di Salvini sarebbero del tutto legittime, se non fosse per un piccolo particolare: il blocca prescrizione è passato con i voti di tutti i leghisti. Salvini incluso. Qualcuno avvertì l'allora ministro dell'Interno del rischio di quella riforma, paragonata a una "bomba a orologeria" piazzata tra le impalcature della giustizia italiana (stavolta il copyrigh è di Giulia Bongiorno). Ma lui tirò dritto. Salvini disinnescò le polemiche strappando all'amico Di Maio la promessa che la deflagrazione del blocca precrizione sarebbe stata attenutata da una riforma profonda del processo penale. Chiacchiere, promesse che la crisi di governo e la fine del governo gialloverde spazzò via. E ora, a distanza di pochi mesi, ci ritroviamo Salvini tra i maggiori critici della prescrizione targata Bonafede. Quando a essere prescritta è la memoria.