Forse è vero che i politici oggi leggono poco o quasi niente. Bisognerebbe perciò spronarli a leggere almeno il saggio di Carlo Bastasin, “Viaggio al termine dell’Occidente” ( Luiss Editore). Chi si propone di “fare politica” non può infatti non respirare ad ampi polmoni un libro denso di echi culturali, a partire dal titolo, di insegnamenti storici e di contributi concreti a intendere – almeno - i problemi del nostro tempo.

Si tratta di un volume che, per l’appunto, contiene più chiavi interpretative della nostra società.

Quella che a me sembra la più profonda, capace di riunire in un quadro d’insieme l’epoca nella quale stiamo vivendo, è la convinzione della fragilità della democrazia liberale. Affascinante il capitolo in cui Bastasin cita il filosofo Francis Fukuyama, il quale ritiene che gli europei non saranno mai un solo popolo fino a quando non combatteranno e non verseranno il proprio sangue per una causa comune. A questa tesi Bastasin sembra opporre, come esile filo di speranza, la peculiarità di un progetto di unificazione che ricalca l’esempio della civiltà romana, che consisteva nel «rendere tutto il mondo soggetto alla legge».

Tutti sappiamo, però, quanto questa via sia fragile ed esposta continuamente alle scosse della realtà storica e delle crisi economiche. Bastasin ripercorre le tracce dell’ascesa del nazismo, nel Paese più colto d’Europa, citando un’affermazione di Goring, secondo il quale «in fin dei conti è chi guida il Paese a decidere la politica, ed è sempre facile fare del popolo il proprio complice». In circostanze speciali, ogni individuo può comportarsi in modo disumano.

Quando le risposte mancano, quando cresce il senso di perdita di controllo, cresce anche la domanda autoritaria – scrive l’autore di questo libro. È appunto quanto sta accadendo oggi in tutto il mondo.

Ciò che val la pena di segnalare è il fatto che non sempre il detonatore della crisi è rappresentato da fattori economici. Ancora più pericolosa è quella miscela di risentimento, paura, rabbia, frustrazione, di “divergenza”, cioè la percezione della distanza nel destino da chi è in alto, irraggiungibile, o da chi è giù e non tiene il passo. Questa miscela dà vita a un sentimento antagonista con tutto e con tutti. La fragilità della democrazia liberale sta tutti qui. In quella sottile membrana che la separa da quegli “istinti ferini” che sono sempre in agguato nella natura umana. Stupidità e indifferenza rendono facile al male di vincere – scrive Bastasin. È difficile fare qualcosa contro di esso, ma bisogna provarci. Per provarci davvero e per non rendere troppo facile al male di vincere, occorre prima di tutto che le forze che si dichiarano democratiche e dichiarano di voler difendere la democrazia liberale si predispongano prima di tutto ad ascoltare le paure, le insicurezze e la rabbia delle persone. Se non si tiene conto di questa realtà, e si assumono al contrario atteggiamenti di aristocratico disprezzo nei confronti di questo malessere sociale e psicologico, allora sarà molto più facile da parte dei politici in cerca del potere fare del popolo il proprio complice a favore di avventure che nella storia hanno sempre portato a tragici epiloghi, soprattutto ai danni del popolo stesso.