Roberto Burioni, ben noto uomo di scienza a cui dobbiamo una consistente fetta della battaglia di civiltà in favore dei vaccini, sostiene che le notizie dei sospetti casi di contagio da nuovo coronavirus non andrebbero neanche date. Perché innescherebbero un inevitabile circolo vizioso di allarmismo. Calandomi nel punto di vista dello scienziato, non posso non riconoscerne le ragioni, ma da giornalista provo sempre un brivido di diffidenza, davanti alle notizie taciute, anche con le migliori intenzioni.

Resto dell’idea che un’informazione quanto più completa possibile, intellettualmente onesta e sostenuta da robuste collaborazioni scientifiche, soprattutto in casi come questo, sia il modo migliore per contrastare l’insorgere di ondate di panico. Se è vero che non sentir parlare di un caso sospetto, nell’immediato possa evitare ( o ritardare...) l’insorgere di un senso di paura, a medio termine può innescare il dubbio che le autorità stiano nascondendo qualcosa. Che non ci dicano tutto.

Da che mondo è mondo, davanti alle pandemie la reazione della pubblica opinione si muove sostanzialmente su un doppio binario. Da una parte, il timore di essere inghiottiti in un incubo non gestibile, l’ancestrale terrore della morte senza volto, che arriva a sconvolgere le nostre esistenze. Dall’altra, la necessità di scaricare la paura che si fa rabbia. Ci mettono poco le persone a sentire l’esigenza di trovare un colpevole. Non potendosela prendere con un virus, è facile rivolgere la propria attenzione a chi detiene il potere, identificandolo istintivamente come un’entità interessata solo a mantenere l’ordine pubblico, anche a costo di raccontare bugie clamorose.

Del resto, anche in queste ore, i sospetti sul comportamento del governo cinese si moltiplicano e non solo in ambienti sensibili al Complottismo. Tacere, per farla breve, non conviene mai. Quello che conviene è invitare le persone a ragionare, spiegando loro - ad esempio - che boicottare i ristoranti o i negozi cinesi è poco più di un riflesso condizionato. In teoria, l’unica cosa utile che dovremmo fare è informarci su eventuali e recenti viaggi in patria di chef o personale cinese di ciascun locale, per tacere delle visite che ciascuno di loro potrebbe aver ricevuto dal paese natale. Evidentemente, una follia, senza dimenticare che il temuto portatore ( magari sano) del coronavirus potrebbe essere dalle fattezze caucasiche...

Escludendo, pertanto, di chiudersi in casa e aspettare o l’Armageddon o che passi la paura, conviene approfittare di questi giorni concitati per qualche riflessione sul nostro tempo. Comincerei da questa: spesso possiamo intere settimane a dibattere, accalorandoci, sulle proposte di nuove barriere fisiche e ideali, dividendoci fra chi propugna la difesa anche fisica del nostro piccolo mondo e chi considera tutto questo solo una perdita di tempo. Poi, arriva il nuovo coronavirus, svelando l’imbarazzante inconsistenza di certi dibattiti. In un mondo interconnesso come quello di oggi, semplicemente dobbiamo prendere atto che le nostre fortune e sfortune dipendono anche da una miriade di relazioni, a cui rinunciare è semplicemente impensabile, perché troppo costoso. Ne andrebbe del nostro stesso stile di vita. I problemi, da quelli relativamente imprevedibili come le pandemie ai grandi temi che caratterizzano la nostra epoca, meritano massima razionalità e decisioni a un tempo rapide e strategiche. i tocca sentir parlare, invece, di rischi di diffusione in Italia del virus, collegati alle tratte dei migranti. Una lettura che sfida contemporaneamente senso del ridicolo e della realtà.

Con la fabbrica del mondo che rischia di andare in tilt - di questo dovremmo aver paura, non di fantasmi agitati per motivi elettorali il dibattito in Italia si ferma al boicottaggio dell’involtino primavera o al confronto social sui barconi nel Mediterraneo, che notoriamente traboccano di cinesi.

Amo il mio Paese, anche quando la farsa sembra prendere il sopravvento, eppure proprio per questo amore sento la necessità di un dibattito più maturo. Davanti all’idea stessa di una pandemia, è umano che la reazione della pubblica opinione non sia improntata ad una ferrea logica. Che però l’irrazionalità rischi di entrare anche in ben altre sfere, per meri calcoli politici, è abbastanza insopportabile. Lasciamo parlare gli esperti, ascoltiamoli e affidiamoci a loro. Non sono un’élite, è gente che ha studiato. L’alternativa mi spaventa, ad oggi, molto di più del coronavirus.