Giovanni M.Jacobazzi

«Le riforme degli ultimi anni? Hanno avuto tutte un denominatore comune: stravolgere il codice accusatorio del 1989». Paola Balducci, docente di esecuzione penale alla Luiss ed ex componente del Consiglio superiore della magistratura, è critica con la proposta di riforma del processo penale voluta del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

Professoressa, non le piace il testo elaborato del Guardasigilli? Guardi, non per vantarmi, ma ho fatto parte di tutte le Commissioni che si sono occupate di modificare il processo penale. Purtroppo, devo constatare che la volontà del legislatore non c’è più. Il codice “Vassalli” esaltava la centralità del dibattimento, prevedendo che il processo si svolgesse nel contradditorio delle parti. Quello attuale è tutt’altro.

Il processo penale del futuro, nelle intenzioni del ministro, si dovrà concludere in quattro anni… Per realizzare tempistiche del genere, c’è un solo modo: minare il diritto di difesa e la presunzione, costituzionalmente prevista, di non colpevolezza. Introducendo, poi, correttivi molto discutibili, come l’appello monocratico.

Non è una prospettiva esaltante…. Appunto. Io, invece, inizierei con il mettere da parte il panpenalismo spinto che sta caratterizzando la recente produzione legislativa. Molta propaganda che non risolve alcunché. Penso, ad esempio, al “codice rosso” per i delitti di genere che sta creando seri problemi al lavoro delle uffici giudiziari.

Torniamo, però, al blocco della prescrizione. Il Csm aveva, prima che la norma venisse approvata, redatto un parere molto critico al riguardo. Parere che non è stato minimamente tenuto in considerazione. I pareri del Csm lasciano il tempo che trovano, non essendo, come è giusto che sia, vincolanti per il Parlamento. Molto dipende quindi dal rapporto fra Palazzo dei Marescialli ed il Guardasigilli. Nella mia consiliatura c’era a via Arenula un ministro attento come Andrea Orlando che è anche venuto spesso al Csm. Ora la situazione è cambiata.

Preoccupata? Chi scrive questi pareri sono magistrati di tutte le correnti che hanno il polso di quanto avviene negli uffici giudiziari. Senza dimenticare il contributo fondamentale dei laici, avvocati e professori universitari. Non tenere conto di queste importanti indicazioni dovrebbe far riflettere tutti.

Soluzioni? Io mi auguro che si metta mano al processo penale con interventi ponderati e non basati sull’onda emotiva. Evitiamo altri scempi al codice. O dobbiamo aspettare nuovamente la Corte costituzionale che decida? La Consulta ormai non è più il giudice di legittimità sulle leggi ma il giudice che normalizza il nostro ordinamento. Vedasi, di recente, il 41 bis.

Da donna di sinistra ( Paola Balducci venne eletta nel 2014 al Csm in quota Sel, ndr), cosa pensa dell’atteggiamento del Pd sulla giustizia? I dem temono i diktat dell’alleato di governo? Il Pd sta subendo le recenti riforme senza agire…

Le ricordo il destino di tre norme volute dai dem nella scorsa legislatura: la riforma dell’ordinamento penitenziario, subito stoppata, quella delle intercettazioni telefoniche, ancora non entrata in vigore e giunta alla quarta proroga, quella della prescrizione del 2017, cancellata senza neppure aspettare di vedere gli effetti. Lo dico ai tanti amici del Pd: cercate di essere più incisivi in queste materie. Lei ha citato la riforma dell’ordinamento penitenziario, una tema a me molto caro, che era pronta proprio sul finire della scorsa legislatura ed è stata frenata. Ma ci rendiamo conto le norme sul carcere adesso in vigore risalgono al 1975?

Si può dire che la politica sulla giustizia, in genere, è “debole”? Ora domina la paura. La politica degli ultima anni non è propositiva ma rincorre in ritardo le scelte di altri. Si usa la giustizia come fosse un simbolo identitario. La conseguenza è che vengono fatte riforme per accontentare la sete di giustizialismo. Quello che servirebbe, invece, è una giustizia “vera”.

Non posso non farle una domanda sul Csm. Per arginare le correnti, il ministro ha in mente un sistema di elezione dei componenti togati basato su molti collegi, con il ballottaggio fra i primi due classificati. Io non penso che questo sistema sarà risolutivo del problema. Non è certo questa soluzione macchinosa che eliminerà gli effetti deleteri del correntismo. Sono i gruppi associativi della magistratura, e quindi le persone, a dover cambiare. Le correnti devono tornare ad essere un luogo di confronto e di crescita culturale.