Avvocati minacciati e aggrediti, solo per il fatto di indossare una toga. Gli ultimi due episodi sono quelli che hanno interessato Roberto D’Errico - presidente della Camera penale di Bologna e avvocato difensore di Fabio Loscerbo, legale bolognese agli arresti domiciliari dal 20 gennaio con l’accusa di avere messo in piedi un presunto “giro” di permessi di soggiorno ottenuti in modo illecito - e Mariangela Di Biase, avvocata di Campobasso, aggredita dal marito di una cliente mentre era in corso una separazione consensuale. Due aggressioni, commenta Di Biase, non alla persona, ma alla toga e al ruolo svolto dagli avvocati, avvenute quasi simbolicamente proprio nei giorni in cui ricorre la giornata internazionale degli avvocati in pericolo.

Drammatico il racconto della professionista molisana, raggiunta in studio dall’uomo, che dopo un primo momento di tensione, era stato allontanato. L’avvocata si trovava ancora in stanza con la propria cliente quando l’uomo si è ripresentato alla porta, pretendendo di entrare. «Gli ho chiesto di nuovo la cortesia di andar via e nominare un avvocato. A quel punto è entrato, nonostante gli abbia fatto notare che stava violando una proprietà privata, battendomi ripetutamente le mani sul petto fino a spingermi nella mia stanza, dove ha iniziato a strattonarmi - racconta al Dubbio -. Sono riuscita a chiamare il 113 e lui ha prima tentato di strapparmi il telefono dalle mani, poi è andato via, rimanendo nel cortile fino all’arrivo della polizia. Solo dopo l’intervento degli agenti si è calmato ed è andato via». Per Di Biase sono state necessarie le cure del pronto soccorso, dove le sono stati diagnosticati un trauma distrattivo del rachide cervicale, la contusione della spalla destra e della clavicola destra e la contusione sternale con iperemia della cute.

Ora ha deciso di sporgere querela, al termine dell’iter degli accertamenti medici. «Voglio sottolineare che non si tratta di una violenza di genere - spiega - l’aggressione è avvenuta all’avvocato, a quello che io in quel momento rappresentavo. È una mancanza di rispetto al ruolo che noi istituzionalmente dovremmo rappresentare, soprattutto a quelle attività di mediazione che spesso e volentieri ci vedono coinvolti, anche umanamente, e non ci vengono riconosciute a livello di pagamento, ma che fanno parte della nostra deontologia e della nostra professione. Indossare una toga è l’onore più grande per una persona e bisogna imparare a rispettarla». Alla base delle aggressioni, secondo la professionista, la scarsa valorizzazione della figura dell’avvocato anche da parte delle istituzioni, che spesso individuano in tale professione le ragioni dei mali della giustizia. «Basta vedere quello che si dice sul tema della prescrizione e sui comportamenti delatori - sottolinea - ponendoci nei confronti di un pubblico che ignora la materia come cattivi azzeccagarbugli». Dalla parte di Di Biase, che ha ricevuto la solidarietà di tutto il mondo dell’avvocatura, nonché da parte del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, anche il presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin. «Si è messo a mia completa disposizione per qualunque tipo di azione deciderò di fare - racconta - invitandomi al Cnf e dandomi tutta quanta la sua solidarietà, evidenziando la necessità di denunciare queste aggressioni, non alla donna ma al ruolo che ricopriamo».

Fondamentale nella scelta di rendere pubblica la notizia, spiega Di Biase, l’invito del presidente nazionale dell’Aiga, Antonio De Angelis, che ha sottolineato l’importanza «di far venire fuori quando accade nei confronti dell’avvocato. Poche ore dopo ho ricevuto la telefonata di Bonafede, che mi ha espresso solidarietà come ministro, avvocato e uomo mettendosi a completa disposizione e prendendo anche a cuore la situazione che noi avvocati viviamo». D’Errico, invece, ha assicurato di non retrocedere di un millimetro nella difesa assunta. «Manterrò fermo il mio impegno difensivo - ha commentato -, non mi faccio intimidire. E gli avvocati risponderanno in modo fermo all'imbarbarimento che ormai ha invaso il paese e si manifesta contro i giudici e contro chi difende».