Un tripudio di ringraziamenti per il lavoro al dimissionario Luigi Di Maio e di in bocca al lupo al reggente Vito Crimi: sepolta definitivamente sotto metri e metri di terra virtuale l’ascia di guerra, la pace dei dem coi grillini è ai massimi storici.

A dare il là è nientemeno che il segretario, Nicola Zingaretti, che manda «un abbraccio a Luigi Di Maio per una scelta difficile che rispettiamo», a Crimi «un grande in bocca al lupo». Conclusione, «Continueremo a lavorare per dare risposte e soluzioni concrete alle persone». A seguirlo a ruota, la parlamentare Alessia Morani, che augura «un grande in bocca al lupo a Vito Crimi».

Se il disegno politico va perfettamente nella direzione sposata dalla maggioranza del partito ( tanto da far maturare una minoranza contraria, capitanata da Giorgio Gori) - ovvero di tentare un’opa amichevole sui 5 Stelle, abbracciandoli tanto da inglobarli proprio ora che sono più fragili perchè senza una leadership chiara il senso comune dei militanti, per la prima volta, va in direzione contraria.

Quello sdilinquirsi in complimenti nei confronti dell’alleato non è andato giù a buona parte della base, o almeno a quella ( ad alto tasso di polemicità) del web. Soprattutto perchè l’affetto non è mai stato reciproco, almeno da parte della dirigenza che Zingaretti ieri ha ossequiato.

«Un abbraccio a quello che parlava di partito di Bibbiano e non si è mai cosparso il capo di cenere?

Oramai siete irriconoscibili», è solo unto dei tanti commenti al tweet del segretario. Altrettanto caustici i commenti sull’in bocca al lupo a Crimi: «Quello dello streaming che insulta Bersani, o ve lo siete già dimenticati?». Insomma, «Un conto è l'educazione, che non dovrebbe mancare mai. Altro conto è la revisione storica» e «anni di insulti inenarrabili al PD ed ai suoi elettori cancellati con un abbraccio».

Certo, la politica parlamentare conosce ragioni che la base non conosce. Il governo post- addio a Di Maio è fragile e rischia il crollo dopo il voto in Emilia, dunque bisogna stringere i ranghi e subito tessere rapporti favorevoli con la nuova guida degli alleati, anche tendendo la mano nel momento della difficoltà. Eppure, l’accorta politica parlamentare - almeno in passato ha conosciuto vie più sottili di corteggiamento rispetto a un post pubblico su Twitter.

Del resto, quello che è a tutti gli effetti uno scivolone di Zingaretti, rischia di essere un boomerang per almeno un paio di ordini di ragioni. La prima, quello di continuare a frustrare l’elettorato democratico, in questo momento poco affezionato a un governo che ha incarnato quasi per nulla le proposte del Pd. Alla lunga, quel «Il governo ha salvato i conti con la legge di Bilancio» non basterà più ai pazienti elettori dem, che hanno passato mesi ( almeno sui social, ma anche ad ogni talk show) ad ingoiare le accuse dei grillini e ora vedono il loro segretario augurare ogni bene al dirigente, il «gerarca minore» di bordiniana memoria, che aveva ridicolizzato l’ex segretario Bersani.

La seconda, quello di prestare il fianco agli attacchi dei pierini di Italia Viva. Loro sì, fuori dal giogo della pacatezza dem, hanno dato sfogo agli antichi rancori e accusato gli ex compagni di partito di servilismo e lecchinaggio nei confronti di un movimento per di più considerato al tramonto. «Dal Pd tanti apprezzamenti a Giggino, i disprezzi sono riservati solo ad Italia Viva e a Renzi», è il tono della maggioranza dei commenti dei sostenitori di Iv.

Per dirla con l’eurodeputata Isabella De Monte: «Un abbraccio? Al mio ex segretario di partito suggerisco di farsi fare un bel Decreto Dignità tutto per lui; mi pare ne abbia bisogno». Più o meno in linea con il commento del leader Matteo Renzi, che del discorso di Di Maio sottolinea in particolare quella del tradimento: «Provo rispetto umano per Di Maio: il mondo politico è pieno di miracolati che ottengono dal leader posti e incarichi. Di Maio conoscerà l'amaro sapore che ha l'ipocrisia degli ex amici: nulla di nuovo sotto il sole, è capitato anche ad altri. E ancora capiterà».

Una cosa sola è chiara: dovrà ancora passare molta acqua sotto ponte Vecchio prima che Renzi ( e i renziani) guardino avanti e non più indietro. Al netto del confronto social e delle reciproche schermaglie verbali, il dato politico rimane uno: gli spostamenti tettonici sotto il magma del governo danno il Pd sempre più in avvicinamento ai 5 Stelle, complice anche l’addio alla leadership di Di Maio, storicamente scettico sull’accordo coi dem e più spostato verso la Lega; Italia Viva, invece, punta a capitalizzare proprio su questo abbraccio più di vertice che di base tra i due alleati, nel tentativo di non finire isolata dal “pactum sceleris”.