Certo. I droni telecomandati che polverizzano i generali nemici. I missili con visualizzatore che distruggono basi militari ( e forse colpiscono aerei civili, non si sa). La cyberguerra che riapre i venti di terrore della World War III. Gli anni ’ 20 che albeggiano nel boato delle armi di distruzione di vite e di cose, sorgente che erutta senza esaurirsi mai.

Poi però ci sono tragedie che si svolgono ad un passo da noi e ci riversano addosso tutto l’orrore di esistenze stroncate dalla “normalità” della disperazione. Ieri, all’aeroporto di Parigi, un bambino di dieci anni è stato trovato morto nel carrello di atterraggio di un aereo proveniente dalla Costa d’Avorio. Era un clandestino, ha specificato burocraticamente l’Air France: e che altro poteva essere per infilarsi tra i bagagli - mentre pochi metri sopra centinaia di passeggeri ignari pensavano agli affari loro - e morire assiderato a 50 sottozero? Anni fa, la foto di Aylan Curdi, bambino di tre anni morto sulla spiaggia di Budrum in Turchia, ha fatto sobbalzare il cuore di milioni di persone, tranquille sul divano di casa. Qualche giorno dopo Capodanno, i media hanno dato conto del primo clandestino morto del 2020: un corpo spiaggiato sul golfo della Sirte. Non ha nome, probabilmente non l’avrà mai.

Non si tratta di retoriche pacifiste o di pelose pietà. C’è una guerra non filmata, non tele- raccontata, twittata a cavalcioni dello sgabello dell’ipocrisia, che si svolge a fianco a noi: è la guerra per la sopravvivenza, il corpo a corpo della dannazione di chi non ha nulla da perdere perché ha già perso tutto e dove arriva non trova niente. A parte, spesso, la morte. Nessuna delle due è più importante dell’altra.

Una interroga le diplomazie e gli interessi degli Stati: o meglio dei rinascenti imperi, da quello Celeste a quello zarista, dall’Ottomano allo yankee. L’altra le coscienze di tutti, qualunque siano i colori di pelle e le convinzioni geo- politiche. Impedire le prime è fondamentale, ben sapendo tuttavia che da sempre l’umanità ha fatto a gara ad ammazzarsi, spesso con voluttà. Combattere la seconda è obbligatorio. Perché non c’è scampo. O le distorsioni dell’abissale disuguaglianza del nostro tempo verranno ridotte, oppure le due guerre si sommeranno. Con quali esiti, è inutile dire.