C’è chi lascia prima della “sentenza”, chi confida nel buonsenso della corte e chi ribadisce che comunque vada non restituirà più un euro al Movimento 5 Stelle. Mentre i probiviri pentastellati si incontrano per analizzare i casi dei parlamentari non in regola con le rendicontazioni, il partito fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio continua a sgretolarsi. Ieri è toccato a un altro deputato, Santi Cappellani, tra gli “imputati” per i mancati rimborsi, salutare i colleghi per approdare al Gruppo Misto di Montecitorio.

«Non avrebbe senso rimanere in una squadra in cui non ci si riconosce più», scrive Cappellani in una lettera indirizzata a Luigi Di Maio in cui parla di una «profonda frustrazione multipla». L’ormai ex grillino brucia dunque sul tempo i probiviri che avrebbero voluto processarlo e accusa i vertici del partito: «Ci siamo imborghesiti siamo finiti in una spirale di autoreferenzialità. Quando sento la frase “pugno di ferro” rabbrividisco». E con Cappellani sale a 10 il numero di deputati eletti tra le file del M5S e poi approdati al Misto. Ancora troppo pochi per nutrire le ambizioni politiche dell’ex ministro Lorenzo Fioramonti ma in costante aumento.

Il lavoro dei probiviri è appena cominciato. E sul tavolo di Jacopo Berti, Fabiana Dadone e Raffaella Andreola ( i membri del tribunalino interno) ci sono ancora parecchi dossier aperti. Tanti quanti i “morosi” gravi che nel 2019 non hanno restituito neanche un euro sul conto gestito dal capo politico e dai capigruppo. In tutto cinque deputati e sei senatori. Alla Camera, la “scure” dei probiviri potrebbe colpire: Nicola Acunzo, Nadia Aprile, Flora Frate, Paolo Niccolò Romano e Andrea Vallascas.

Al Senato: Cristiano Anastasi, Vittoria Bogo Deledda, Alfonso Ciampolillo, Luigi Di Marzio, Fabio Di Micco, Mario Michele Giarrusso. Le eventuali “condanne” dovrebbero essere proporzionali ai mesi di mancate restituzioni, come confermato dai capigruppo Davide Crippa e Gianluca Perilli al termine della riunione con i probiviri: «I provvedimenti per chi non ha rispettato gli impegni presi con i cittadini, al momento della candidatura, saranno commisurati alla gravità della violazione», scrivono in una nota congiunta, in cui sottolineano anche la correttezza nei pagamenti dell’ 85 per cento dei parlamentari.

Una precisazione che, se vista da un’altra prospettiva, assume contorni più cupi: il 15 per cento degli eletti non è infatti in regola con le rendicontazioni, 47 parlamentari. Molti di più di quelli “attenzionati” dai probiviri grillini. Ma in casa cinquestelle preferiscono guardare al bicchiere mezzo pieno. «Dall’inizio della legislatura, i parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno restituito oltre 13 milioni di euro, denaro utilizzato per aiutare i cittadini e le piccole e medie imprese», insistono Crippa e Perilli. In particolare, «sono stati impegnati oltre tre milioni di euro, sempre derivanti dalle restituzioni dei portavoce nazionali e regionali, per finanziare progetti di sostenibilità ambientale per i quali le scuole pubbliche interessate potranno presentare richiesta entro il 29 febbraio 2020». Ottimismo a parte, ora, da Statuto, la procedura disciplinare prevede che all’apertura del procedimento seguano 10 giorni per le controdeduzioni dei parlamentari interessati.

Ma se alcuni eletti finiti sotto la lente d’ingrandimento dei probiviri sono certi di un rapido chiarimento della situazione, altri rivendicano pubblicamente la loro scelta. Come il deputato- attore Nicola Acunzo, che motiva il suo ritardo con ragioni politiche. «Dal 2019 sono cambiate le modalità di restituzione e io ne sto facendo una questione politica», dice il parlamentare campano, spiegando di aver «sospeso» le restituzioni «affinché avvenga un chiarimento sul cambio di modalità dei versamenti».

E la modalità, secondo Acunzo, «deve essere quella del 2018», ovvero prima che fosse aperto un conto ad hoc del Comitato rimborsi, gestito direttamente da Di Maio e dai capigruppo di Camera e Senato. L’attore avrebbe provato a chiedere chiarimenti ai vertici del partito inviando una lettera «molto corposa», invocando trasparenza. «Mi interessa che il popolo e le persone che mi hanno votato sappiano che Nicola Acunzo è un uomo d'onore e manterrà questo impegno, ma con le modalità del 2018», aggiunge il deputato. «Non sono entrato in politica per fare come hanno fatto negli altri partiti, altrimenti sarei rimasto sul set».

Motivazioni simili a quelle utilizzate il giorno prima da Dalila Nesci per annunciare la fine dei suoi bonifici sul conto corrente del partito. È il “tana libera tutti” che potrebbe generare una serie di insubordinazioni incontrollabili. E nei prossimi giorni sono attesi nuovi addii.