Una folla enorme, le cronache parlano di milioni di persone, ha partecipato ieri ai funerali solenni del generale Qassem Soleimani, rimasto ucciso in un raid di droni statunitensi venerdì scorso in Iraq. Teheran è stata dunque teatro della rappresentazione di un paese unito nonostante le proteste, represse nel sangue, delle scorse settimane. L'uccisione del leader delle brigate al Quds ha funzionato da collante per il governo degli ayatollah.

A guidare le preghiere infatti è stata la stessa Guida Suprema Ali Khamenei, le esequie trasmesse in diretta tv hanno mostrato il corteo funebre partito dall'università, ai suoi lati in migliaia piangevano e scandivano slogan contro gli Usa e Donald Trump. Vicino a Khamenei tutti i vertici delo stato, dal presidente Rohani al numero uno del Parlamento Ali Larijani fino al comandante dei Guardiani della rivoluzione Hossein Salami e al responsabile della Giustizia Ebrahim Raissi. L'ultimo atto delle cerimonie si svolgerà a Kerman, città natale di Soleimani, dove sarà sepolto il generale.

Dal palco degli oratori sono risuonate le parole di vendetta pronunciate dalla figlia Zeinab: «Crazy Trump, non pensare che tutto sia finito con il martirio di mio padre», ma in molti hanno battuto lo stesso tasto, uno per tutti il massimo consigliere di Khamenei, Ali Akbar Velayati: «Nonostante le vanterie dell'ignorante presidente degli Stati Uniti, l'Iran intraprenderà un'azione di ritorsione contro la stupida mossa degli americani che li farà pentire».

La comunità internazionale dunque è in attesa di capire quale saranno le prossime mosse di Teheran e Washington, dopo le minacce incrociate dei giorni scorsi ( Trump aveva parlato di 52 obiettivi iraniani di importanza militare e culturale contro i 35 americani citati dall'Iran) le diplomazie cercano di disinnescare la miccia di un possibile conflitto. A cominciare dalla Russia che è diventata di nuovo un player fondamentale in Medioriente.

Ieri il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha avuto un contatto con il suo omologo iraniano per discutere le misure di una de- escalation militare mentre Vladimir Putin ha assunto i panni del mediatore e ha in programma una serie di incontri ai massimi livelli come quello che terrà, sabato prossimo, con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Nel colloquio si parlerà anche della situazione libica ma per Mosca la priorità fondamentale è quella di preservare gli accordi sul nucleare dai quali invece Teheran ha già dichiarato di volersi ritirare come ritorsione immediata. Una decisione deplorata dall'Unione Europea per bocca dell'Alto Commissario per gli Esteri Josep Borrel, Bruxelles sta cercando faticosamente una linea comune e qualcosa di più su conoscerà dopo la riunione straordinaria del prossimo venerdì. Per il momento sono da registrare le critiche all'azione americana da parte di Berlino e dell'italiano Luigi Di Maio.

La confusione regna sovrana anche a Baghdad dove il Parlamento ha votato una risoluzione non vincolante per l'allontanamento di tutte le truppe straniere, un atto al quale Trump ha risposto con stizza minacciando sanzioni. Ma è proprio dall'Iraq che arriva una notizia che potrebbe fare nuova luce sulla morte di Soleimani.

Il primo ministro iracheno Adel Abdul Mahdi ha rivelato al Washington Post che il leader delle brigate al Quds si trovava nel paese per consegnare un messaggio dell'Iran in risposta ad uno inviato dall'Arabia Saudita, Madhi stava fungendo forse da mediatore tra i due paesi rivali. Non sono stati forniti altri particolari, ma nuovi elementi potrebbero emergere da una fonte della Cnn che ha parlato di una richiesta di moderazione che la monarchia saudita al segretario di stato Mike Pompeo.