Affluiscono soldati e mercenari in Libia, e nulla fa pensare che le cose miglioreranno, anzi. L’Italia ha da esattamente due anni una missione militare in Libia, incentrata soprattutto sull’ospedale di Misurata. Da allora, dopo aver dato un contributo importante curando tra gli altri i miliziani feriti durante la loro offensiva contro l’Isis a Sirte, il contingente italiano è rimasto relativamente passivo mentre lo scenario geopolitico della Libia cambiava vorticosamente, e il generale Haftar dalla Cirenaica andava rafforzandosi e parallelamente andava ampliando la rete dei suoi sostenitori internazionali a danno del governo di Tripoli, tanto da arrivare a minacciarlo militarmente in una prima occasione e di nuovo adesso con la capitale assediata.

Roma ha cercato di tenere aperti i canali di dialogo all’interno delle fazioni libiche, ma bisogna prendere atto che al momento l’Italia è stata del tutto scavalcata dagli eventi e dagli altri protagonisti della crisi. Che è complessa e pericolosa, e potrebbe portare la situazione del Paese alle porte dell’Italia a degenerare verso una guerra aperta che potrebbe raggiungere livelli molto superiori al recente passato e tali da oltrepassare di molto i confini della guerra civile. Troppi infatti gli attori in gioco, senza considerare eventuali e solo per ora remote ripercussioni da quanto sta succedendo tra Iraq e Iran dopo l’uccisione del generale iraniano Soleimani. Al momento l’Iran non è tra i protagonisti della crisi in Libia ( anche per la marginalità della componente sciita nel Paese), ma è praticamente l’unico soggetto poco coinvolto. È invece molto coinvolta la Turchia, che ha appena approvato in Parlamento la mozione per inviare soldati a difesa di Tripoli. Il governo di è quello internazionalmente riconosciuto, sostenuto dall’Onu come governo di unità e pacificazione, ma di fatto non gode di sostegni concreti da parte dei propri alleati, e conta solo sulle milizie delle città circostanti. Milizie molto forti tra quelle libiche, come quelle di Misurata, in grado fino ad ora di difendersi e anche di aver acquisito una certa preminenza. Milizie che hanno contribuito a sconfiggere la presenza dell’Isis in Libia. Ma che ora si scoprono troppo deboli per garantire la sopravvivenza del governo, se dalla parte di Haftar continuano ad arrivare sostegni magari occulti da parte dei pezzi grossi della comunità internazionale.

Gli Usa di Trump sono infatti ambigui, e se l’Unione Europea a parole è dalla parte del governo Onu, di fatto la Francia ha rapporti più che amichevoli con Haftar, e in passato è stata denunciata la presenza di esperti e armamenti francesi al fianco di Haftar. Meno mascherato è il sostegno russo al generale di Tobruk, e si è detto più volte che mercenari e contractor russi sono arruolati nelle sue fila, gli stessi che forse potrebbero aver aiutato le forze di Haftar ad abbattere dei droni tra cui uno italiano ( e intanto ieri i libici o chi per loro hanno abbattuto un altro drone, proprio turco). Con Haftar poi ci sono soprattutto l’Egitto e gli Emirati Arabi, nemici giurati dei Fratelli Musulmani cui invece fa riferimento lo schieramento di al- Serraji. Questi Paesi arabi forniscono l’aviazione con a loro volta l’impiego anche di piloti mercenari. In risposta a tutto questo al- Serraji ha chiesto un sostegno più concreto alla Turchia, amica a sua volta dei Fratelli Musulmani e nemica dell’Egitto. E il parlamento ha risposto approvando l’invio di soldati, anche se da tempo si parla dell’ipotesi che Ankara invii puttosto miliziani siriani e mercenari. Comunque sia, l'Esercito nazionale libico di Haftar ha già annunciato che ' non permetterà la presenza di qualsiasi forza turca ostile sul territorio libico', e ha aggiunto che la formazione ' è pronta a combattere'. In Libia si potrebbe presto assistere a qualcosa di tragicamente complicato.