Una cosa buona del 2020? Il consenso quasi unanime ( il “quasi” registra il commento di Salvini e dei suoi caudatari, ovviamente) alle parole di Mattarella nel suo messaggio agli italiani. In quel discorso non c’è stato solo il buon senso protocollare- che comunque appare rivoluzionario in questo tempo pericolosamente insensato- ma anche molto contenuto e grumi di speranza ritrovata. Nella follia cieca di una politica che taglia un tot al kilo grappoli di parlamentari perché così pensa di lavare la sua anima torva di fronte al popolo sovrano che la politica medesima continua a immaginare come un bue, un’esperienza come quella di Mattarella non troverebbe più posto.

Nella iconoclastia inconsapevole della politica prêt- à- porter, non passa a nessuno per un solo momento nella testa che, per avere un Presidente della Repubblica così, super partes, i padri della Patria fabbricarono una Costituzione con regole stringenti, che chiamavano in causa maggioranze larghissime per eleggere il Presidente di tutti. Dunque non il “Presidente di una maggioranza”, cosa che l’inquilino del Quirinale rischia di diventare oggi dopo la “cura” della riforma costituzionale con cui si tagliano via 345 parlamentari e si induce, in concreto, un forte effetto maggioritario nella rappresentanza. Ma torniamo al Capo dello Stato in carica.

Il suo personale consenso non è solo legato al placement istituzionale, che indubbiamente lo avvantaggia nel rapporto con i media, ma trova un punto di forza nei contenuti, che non tradiscono mai la sua origine culturale e la sua sensibilità di costituzionalista. Mattarella è colui che sorveglia la regola costituzionale: l’hanno fatto prima di lui con diseguali livelli di coinvolgimento i suoi predecessori, ma pochi sono stati capaci di praticare un così naturale rapporto tra dettato e prassi costituzionale, qualcuno direbbe mediato dalla cultura dossettiana, il costituente democristiano che diede, con Moro, un contributo alla nuova Costruzione, e in particolare alla norma- principio dell’art. 3. In realtà chi pensa questo trascura di considerare che tutta la Carta è imbevuta di cultura cattolico- democratica, liberale e di idealità socialiste.

Per cui, la Costituzione “ viva” non può che essere debitrice a questi grandi filoni. Sergio Mattarella dunque interpreta il suo ruolo nella più alta magistratura della Repubblica in modo naturalmente ortodosso ma aggiungendovi i tratti personali di un sentimento di umana solidarietà assai sincero, di un’afflato pedagogico, di una mancanza di complicatezze nel rapporto con la gente che però non concede un millimetro al becerissimo andazzo della pervasività comunicazionale ( che diventa essa stessa esempio di volgarità politica). Insomma: persona seria e affidabile. L’ultima istanza cui ricorrere quando tutto il resto si è consumato.

Peccato che Mattarella non sia esportabile in politica: gli faremmo tutti torto a pensarlo ed anche solo a dirlo, e dunque taciamo. Ma se il Capo dello Stato è necessario che resti, per il bene di tutti, a fare il suo mestiere, il contenuto del suo pensiero può, invece, essere condiviso e diventare programma e prassi. Che poi, a ben vedere, si tratterebbe di programmi e prassi tratti dalla Costituzione. E allora pensiamoci bene. E se qualcuno ci tira la giacca per farci fare cose che non ci vanno, rispondiamo come Papa Francesco: reagiamo. Lui è Papa ed ha sentito il bisogno di scusarsi. Noi no.